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SOLANACEAE

La grande famiglia delle Solanaceae comprende molte specie velenose, perché sono presenti alcaloidi in dosi più o meno importanti, che diventano commestibili perchè si neutralizzano quando il frutto è maturo o con la cottura.

La famiglia comprende un centinaio di generi e oltre 2000 specie distribuite soprattutto in America, con piante importanti dal punto di vista alimentare. Al genere Solanum (900 specie) appartengono il pomodoro, la patata, la melanzana; al genere Capsicum il peperone, il peperoncino. Ad altri generi il tabacco, la petunia, la belladonna, la mandragora ecc.

Peperone, pomodoro e melanzana si seminano a luna crescente, il trapianto va effettuato con luna calante in giornate possibilmente nuvolose, meglio di sera, quando hanno 4-6 foglie interrando la piantina fino all’altezza della prima foglia. Come le Cucurbitaceae, sono considerati frutti in quanto contengono i semi.

Pomodori  Peperoncini Peperoni Melanzane

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Pomodori (Solanum lycopersicum) Solanacea originaria dell’America sud-occidentale (Perù). In dialetto e nelle lingue straniere il nome fa riferimento al termine tomatl, che significa frutto polposo, usato dagli indigeni, infatti in dialetto ligure si chiama tomata in dialetto piemontese tomàtica, in francese, spagnolo e tedesco: tomate; inglese: tomato; in italiano il nome è diventato pomo d'oro (per il colore giallo prima che maturi completamente) fu coniato nel 1544 dal botanico Pietro Andrea Mattioli. Inizialmente fu trattato come curiosità botanica. Importato in Europa ad opera degli Spagnoli nel Sedicesimo secolo, il pomodoro giunse in Italia quando questi conquistarono Napoli, nel 1503.

La pianta ebbe perlopiù funzione ornamentale nei giardini dell'Europa barocca perché essendo velenosa si credeva ed non fosse commestibile ed era considerata un frutto non una verdura. Nel 1600 al pomodoro venivano attribuiti misteriosi poteri afrodisiaci. Per trovare traccia dell'uso del pomodoro in cucina, bisogna attendere la fine del 1700; per la prima ricetta di pasta (vermicelli al sugo) bisogna aspettare la pubblicazione, nel 1839, della Cucina casareccia in dialetto napoletano di Guido Cavalcanti. L'utilizzo del pomodoro si diffuse rapidamente in tutta Italia a partire dal 1875, quando Francesco Cirio fondò l'industria del pomodoro in conserva.

I Pomodori sono costituiti da oltre il 94% di acqua, i carboidrati rappresentano quasi il 3%, mentre le proteine sono calcolate intorno all’1,2%, le fibre all’1% e, da ultimo, i grassi rappresentano solamente lo 0,2%. Per questo, cento grammi di pomodoro fresco apportano solamente 17 Kcal. Contengono discreti quantitativi di vitamine del gruppo B, acido ascorbico, vitamina D e, soprattutto, vitamina E, che assicurano al pomodoro le note proprietà antiossidanti. La componente minerale comprende: ferro, zinco, selenio, fosforo e calcio che associati a citrati, tartrati e nitrati agiscono in sinergia assicurando proprietà rimineralizzanti ed antiradicaliche. Presenti anche acidi organici, quali malico, citrico, succinico e gluteninico, utili per favorire la digestione. Contengono sostanze che sono utilissime per la salute a cominciare dal licopene un antiossidante naturale che aiuta a combattere i radicali liberi che conferisce al pomodoro il colore rosso, anche se alcune varietà sono di colore giallo o nero e contribuisce a mantenere in buona forma il cuore e le arterie.

I pomodori non reggono le temperature del frigo: perdono le sostanze nutritive perchè si rompono i componenti chimici e di conseguenza perdono sapore. Bisogna conservarli a testa in giù lontani dal sole.

Nel suo ambiente d'origine è una pianta erbacea perenne a portamento arbustivo e crescita indeterminata. I fiori a grappolo vengono emessi all'ascella delle foglie, sono ermafroditi (organi maschili e femminili sullo stesso fiore) e garantiscono una elevata dose di autoimpollinazione.                                                                                                                     torna su

Coltivazione: (mi vengono bene):   semino in  semenzaio, semine in luna crescente, i trapianti in luna discendente trapianto dopo 40-60 giorni dalla semina quando raggiungono lo stadio di 4-5 foglie e un’altezza di 100-150 mm. Mettere a 50x50cm dalle vicino (ho letto anche 80, ma mi sembra esagerato ho provato 60, va bene, ma ho problemi di spazio quindi sono passato a 50) una giusta distanza deve garantire il passaggio del sole (per questo le file vanno orientate da est a ovest, cioè dall'alba al tramonto).

 Il terreno ideale è con ph 6. L'ombreggiamento determina l'allungamento degli internodi del fusto e lo sviluppo della superficie fogliare a scapito della produzione dei frutti. Oltre al sole è assolutamente indispensabile garantire la ventilazione, sia per una giusta impollinazione sia per ridurre al giusto necessario l'umidità e prevenire le muffe come peronospora e oidio.

Ha un limite termico vegetativo intorno ai 10 C°. La temperatura minima per la fioritura è 20 C°, mentre ci vogliono 25C°- 28C° per la crescita e lo sviluppo dei frutti; è favorita anche da una buona escursione termica con 15-18 gradi di notte. Temperature superiori ai limiti sopra detti consentono la crescita delle piante ma riducono la produzione di frutti.

Trapiantare interrando poco sotto la prima impalcatura di foglie, ma facendo attenzione che queste non tocchino terra. In linea di massima dal trapianto alla raccolta dei primi frutti sono necessarie in campo aperto 10 - 12 settimane. [se trapianto inizio maggio, prime raccolte metà luglio].

A metà - fine Settembre togliere i pomodori ancora verdi e usarli per la conservazione sott'olio, perché non avranno tempo di maturare e sottraranno nutrimento a quelli già quasi maturi.

Per “farsi i semi” l’ideale è scegliere i pomodori più belli dei primissimi palchi di fiori facendoli maturare al massimo,  raccogliendoli quando iniziano a diventare mollicci e molto colorati. I semi che ne ricaveremo sono migliori e hanno una germinabilità superiore a quelli di un frutto immaturo.

Varietà: Ci sono più di 1700 cultivar di pomodoro, soltanto in Italia ci sono 500 varietà registrate e classificate, alcun sono antiche, altre sono invece state selezionate in questi ultimi vent’anni e spesso sono ibridi. Si differenziano tra loro per forma, colore, dimensione del frutto e sapore.

Le piante si distinguono in indeterminate quando lo stelo della pianta cresce fino a due mt di altezza, denominata anche “pianta alta” e determinata se lo stelo principale della pianta rimane ad un’altezza di 80-100 cm, favorendo uno sviluppo a raggiera e andando a formare un cespuglio, viene denominata “pianta nana”.

I frutti si distinguono nei tipi:

Pomodori tondi (tondo liscio tipo sferico)

In questo gruppo confluiscono numerose varietà, coltivate in tutta Italia per il consumo prevalentemente in insalata:

1. Ciliegino (anche Pachino) maggiore produttore: la Sicilia: pomodoro di piccole dimensioni che cresce a grappoli ed ognuno può avere fino a venticinque pomodorini che raggiungono i 20-30 grammi di peso.

2. Tondo insalataro: moltissime sono le varianti regionali del pomodoro da insalata. Tra le varietà più conosciute: Ace, Montecarlo e Sunrise. Si presenta a grappolo oppure singolo, ha una polpa solitamente consistente e si mantiene a lungo. Ha bisogno di una buona esposizione al Sole e un clima caldo per acquistare un sapore dolce e fragrante

Pomodori allungati (perine)

3. San Marzano (Campania): varietà italiana, diffusa in tutto il territorio nazionale, dalla caratteristica forma allungata utilizzata prevalentemente per la preparazione di conserve e passate: la polpa soda, i pochi semi e la poca acqua lo rendono molto adatto alla preparazione di sughi densi, adatti come base anche per ricette più elaborate e invernali, come gli stufati. Se raccolti prima della maturazione possono essere utilizzati anche in insalata, il gusto dolce prevale sulla componente acida. Sono i preferiti dall’industria per fare la passata, i concentrati e i “pelati” ovvero sbollentati, spellati e messi in conserva interi.

La pianta è mediamente vigorosa e sviluppa molti steli di secondo e terzo grado, cioè femminelle sul fusto e femminelle sulle femminelle. E' molto produttiva ma è molto soggetta al marciume apicale, caratteristica tipica delle varietà di pomodoro a frutto lungo. Il frutto è di un colore rosso vivo e brillante, ed i prodotti che se ne ottengono hanno colorazione superiore a quella di qualsiasi altro pomodoro. Il peso medio dei frutti è di 50 grammi.

La varietà di origine campana ha ottenuto la denominazione DOP (Denominazione di Origine Protetta): pomodoro San Marzano dell'Agro Sarnese-nocerino DOP.

4. Il Roma è una vecchia varietà ottima da salsa, molto produttiva e resistente ottenuta dall'incrocio della rara varietà di pomodoro Sugar Gem americana con il San Marzano. Il pomodoro " Roma VF” non è un ibrido, è una varietà a impollinazione libera, è resistente ai funghi del genere Verticillium e Fusarium (VF del nome); questi funghi si sviluppano prevalentemente all'interno dei vasi conduttori delle piante, determinandone l'ostruzione parziale o totale, con conseguente interruzione del flusso linfatico provocano una tracheomicosi, che viene detta tracheoverticilliosi se causata dal Verticillium che è un genere di fungo della famiglia Plectosphaerellaceae, mentre la tracheomicosi da Fusarium fungo della famiglia Nectriaceae (ne esistono circa 120 sottospecie) viene detta "tracheofusariosi".

Diffuso in tutta l'Italia, pianta determinata ma ha bisogno di adeguato sostegno perché raggiunge il metro di altezza ed è molto cespugliosa e compatta. Il ciclo produttivo è medio-tardivo ed è poco soggetta al marciume apicale. Il frutto ha forma ovoidale allungata.[nel 2016 volevo affiancare una perina ai cuore di bue, ho messo i Roma VF e i San Marzano, ho verificato che le notizie riportate sopra sono esatte, soprattutto per il marciume apicale dei San Marzano che ho cercato di contrastare interrando frammenti di scorza d’uovo quando si è manifestato ma è meglio interrarli prima ovvero quando si vanga aggiungerlo al compost, perché mi sembra che necessiti tempo perché il calcio venga assorbito dal terreno. I Roma sono più grossi dei San Marzano, ma all’assaggio sono più gustosi quest’ultimi.]

5. Il Red Top è ottenuto come il Roma, con incrocio tra Gem e San Marzano. Maturazione precoce, pianta determinata (non abbisogna di sostegni) a internodi brevi, alta meno di un metro, con un gran numero di getti laterali. Foglie intensamente colorate compiste da 15 foglioline piccole. Fornisce produzioni molto abbondanti, con frutti del peso medio di 40 grammi. La buccia resistente consente una conservazione lunga dopo la raccolta.

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Pomodori costoluti

6. Costoluto fiorentino o Grinzoso (Toscana): ha una forma molto caratteristica in cui le pareti delle costole rientrano anche di molto all'interno del frutto, da cui il nome costoluto o grinzoso. Si presta ad essere utilizzato sia in insalata che nella preparazione di sughi, previa scottatura e rimozione della pelle, che è piuttosto spessa. La polpa è soda, con pochi semi e poca acqua.

7. costoluto genovese, varietà di pomodoro antica, coltivato da generazioni lungo la Riviera ligure, dal frutto grande e marcatamente costoluto, irregolare come forma, con pochi semi, nella zona del peduncolo rimane un po' verde, il sapore è dolce, ideale per la preparazione di sughi, passate, e insalate, pianta vigorosa non difficile da coltivare. La pianta e’ indeterminata, quindi necessita di sostegno, la misura del frutto e’ di circa 1 pugno, il ciclo vegetativo di circa 160 giorni. [nel 2017 e 2018 li ho messi con ottimi risultati, come si vede dalle foto, hanno la buccia più spessa dei cuore di bue e danno un buon aroma al sugo, ma ho poco spazio per coltivare tutto quello che vorrei quindi, essendo i cuore di bue meno allergizzanti, do priorità nella coltivazione a loro nelle due varianti!]

8. Cuore di Bue: varietà antica, viene coltivata in varie zone d'Italia, particolarmente pregiata la varietà ligure. Negli Stati Uniti d'America è conosciuta col nome di Hoxehart, si è diffusa solo dopo il 1980 perchè considerato poco bella, ma riscoperta per i pochi semi, il poco liquido e non è allergizzante come gli altri pomodori. È un pomodoro da insalata, dalla buccia fine, con polpa carnosa e aromatica.  Può raggiungere fino ai 500 grammi di peso, ma non vi è omogeneità nel ciclo produttivo. Ne esistono principalmente due varietà: Arawak e di Albenga.

Pomodoro cuore di bue Arawak: è il cuore di bue classico, differisce dalle altre varietà per la punta alla base, con delle parti costolute non molto accentuate  e il colore rosa vinato; è quello che assomigli di più ad un cuore. La polpa è molto abbondante e quasi non presenta parti acquose, ha la cuticola molto sottile, ma una ridotta conservabilità dopo-raccolta e disformità di dimensioni e produzione caratteristiche che li rende poco commerciabili, ma dal sapore superiore rispetto agli altri, in cucina è l’ideale per preparare insalate oppure sughi.

Pomodoro cuore di bue di Albenga: ha una polpa dal sapore dolce poco acidulo, una forma di cuore molto costoluta di grandi dimensioni e di colore rosso  aranciato, i frutti hanno un’ottima tenuta nel post-raccolta e una elevata qualità delle bacche, che ha consentito al prodotto di affermarsi sul mercato.

Varietà a ciclo medio lungo da trapiantare precocemente, si alleva un unico germoglio principale togliendo tutti i ricacci ascellari e le femminelle.

Alla giunzione della foglia con il fusto nascono sia palchi fiorali, che tendono verso il basso, e vanno assolutamente conservati, che i getti laterali vanno assolutamente eliminati per favorire la produzione di frutti di buona pezzatura soprattutto nelle coltivazione dei pomodori tondi da tavola. Più fogliame inutile si lascia, più la produzione di frutti è scadente. Inoltre l'eccessivo fogliame impedisce l'arieggiamento e diventa rifugio per parassiti e malattie. È importante rimuovere le foglie nei primi 20 cm di stelo verso il terreno.

Sfemminellatura, cimatura e sfogliatura

I pomodori emettono numerosi getti laterali, detti femminelle che crescono tra le impalcature delle foglie: i getti ascellari. Si tratta di piccoli germogli che spuntano nell'intersezione tra il ramo e lo stelo della pianta. Per garantire un corretto sviluppo verticale della pianta e per non indebolire il fusto principale caricandolo del peso dei getti laterali, vanno eliminati spingendoli lateralmente con il pollice, facendo attenzione a non danneggiare i palchi fiorali, per non confonderli con essi, aspettare che raggiungano circa i 10 centimetri di lunghezza. Questi interventi vanno eseguiti più volte, vista la velocità di crescita, da quando la piantina è alta circa 20 - 30 cm fino alla fine del ciclo produttivo.

I polloni più spessi non dovrebbero essere rimossi, perché potrebbero danneggiare l'intera pianta. Nel caso di germogli ascellari più spessi di una matita, utilizzare la "potatura stile Missouri": staccando solo la punta del germoglio ascellare lasciando una o due foglioline per aiutare la fotosintesi dal sole. Lo svantaggio è che questi germogli si svilupperanno richiedendo un'ulteriore potatura più tardi. Questo metodo è adatto per i germogli ascellari più grossi - se la ferita si ammala sarà più lontana dal fusto principale, e lasciare pochi centimetri di germoglio ridurrà il danno alla pianta.

La cimatura serve a far sì che il pomodoro blocchi la sua crescita infinita verso l’alto, e si dedichi alla maturazione delle corone di frutti che ha già formato in basso. Che generalmente sono più grossi di quelli nati nei palchi più alti

Quante corone (punti dove originano i grappoli) devono essere lasciate alla pianta? Chi ha fretta di avere frutti grossi, può lasciarne tre. Chi vuole bei frutti ed una produzione durevole, può lasciarne 4 o 5. Chi vuole sfruttare al massimo la pianta rinunciando magari alla grossezza dei frutti, può lasciarne sei. Chi non è interessato a raccogliere pomodori ma vuole solo vedere una bella pianta ornamentale, può fare a meno di cimare il pomodoro perchè mantenimento dei palchi oltre il sesto non produce vantaggi, anzi l'impegno della pianta per elevarsi in altezza sottrae energie alla fruttificazione nei primi palchi.

La sfogliatura ha la finalità di impedire che le foglie vengano a contatto con il terreno, restando contaminate da muffe e malattie, favorisce la circolazione di aria tra le piante; bisogna lasciare i pomodori esposti alla luce ed evitare eccessivi ombreggiamenti tra le piante vicine, questo fa sì che abbiano un colorito ed un sapore migliori. Vanno rimossi tutti i getti che partono dalla base del fusto principale e tutte le foglie al di sotto del primo palco fiorale (gruppo di fiori), indipendentemente dal tipo di pianta.

Rimuovere anche le foglie gialle, che siano gialle, perchè queste foglie utilizzano una quantità maggiore di zucchero rispetto a quella da loro stesse prodotta. Quando la pianta comincia a crescere, le foglie in basso inizieranno a ingiallire e ad appassire. Questo è perfettamente normale e sono da rimuovere con tranquillità. In questo modo la pianta si mantiene fresca e pulita, oltre che si ridurre la possibilità di malattie.

Quando le piante cominciano a emettere i palchi fiorali occorre ridurre le concimazioni azotate (macerato d’ortica) e privilegiare quelle a base di fosforo (cenere di legna) e potassio (bucce di banana, agrumi e farina d’alga).

Dicono che il pomodoro si può riprodurre facilmente: basta prendere una femminella sana, e farla radicare in un bicchiere d'acqua radica molto velocemente e si può trapiantare sostituendo quelle malata, o quella diventa troppo vecchia. Non bisogna mettete troppa acqua perché rallenta la radicazione, ne basta pochissima, basta che il gambo si bagni e spunteranno in 2-3 giorni in un bicchiere mezzo pieno le radici, al di sopra dell'acqua, lasciando la parte sottostante senza radici e molte volte marcisce.

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SOFFERENZE E MALATTIE DEL POMODORO

La prevenzione contro le malattie crittogamiche più comuni (oidio e peronospora) si fa con irrorazioni macerato di ortica e/o equiseto ogni 10-15 giorni, prima dell'inizio della fioritura. Durante la fioritura è preferibile non trattare; al primo accenno di malattia procedere con verderame, o poltiglia bordolese, o zolfo ramato, diluendo il prodotto secondo le dosi consigliate e ripetendo ogni 10-15 giorni, sempre evitando di interessare i fiori. Si può anche procedere direttamente con le sostanze chimiche senza ricorrere a quelle naturali. Dipende molto dalla situazione climatica.

Marciume apicale

Il marciume apicale del pomodoro, in inglese BER (blossom end rot), non è una malattia, ma uno stato di sofferenza della pianta dovuto a condizioni ambientali avverse, è molto frequente, in particolare sui pomodori lunghi (tipo San Marzano) e più raramente anche sulla varietà Cuore di Bue. Inizia con una tacca nerastra o brunastra, leggermente depressa, che successivamente si estende anche in profondità a partire dalla superficie inferiore del pomodoro e se non si rimuovono immediatamente, le parti in decomposizione si coprono di forme fungine. La causa non è ancora certa, di sicuro non è parassitaria né crittogamica (batteri, funghi o virus) molto probabilmente è causato dal non corretto assorbimento o dalla carenza di calcio. Il calcio è presente nel terreno, ma ci possono essere cause che lo rendono insufficiente alle esigenze del pomodoro, per aumentare l'assunzione di calcio si possono aggiungere gusci d'uovo polverizzati durante la preparazione del terreno, mentre il cattivo assorbimento del calcio dovuto a più motivi, spesso concomitanti collegati agli squilibri idrici, ovvero periodi di siccità che si alternano a periodo di eccessiva bagnatura in cui il terreno non fa in tempo ad asciugarsi tra una innaffiatura e l’altra, oppure umidità troppo bassa o troppo elevata, escursione termica troppo alta tra la temperatura notturna e quella diurna: una temporanea deficienza idrica induce la pianta a una veloce sottrazione dell’acqua dai frutti, interferendo in questo modo con il trasporto del calcio.

Il calcio (Ca) è l’elemento fondamentale per la crescita sana ed equilibrata delle piante contribuisce alla costituzione della membrana delle cellule vegetali e allo sviluppo delle radici; rallenta l’invecchiamento dei tessuti e conferisce ai frutti una maggiore resistenza alle manipolazioni.

Virosi del pomodoro

E' detta bronzatura del pomodoro TSWV (Tomato Spotted Wilt Virus) Le piante di pomodoro attaccate da questa virosi presentano inizialmente delle macchie nella parte apicale della pianta. Foglie e cime diventano di un giallo necrotico simile al bronzo, da qui il nome. Il virus appare all’improvviso può colpire in qualsiasi stadio della crescita, i sintomi sono che la crescita procede in maniera stentata. Gli apici vegetativi inizialmente perdono di vigore e poi si trasformano in bronzature e necrosi fogliarie. Sui frutti non ancora maturi si presenta con macchie circolari o anulature concentriche bronzee, in rilievo e confluenti tra di loro. Il pomodoro già maturo invece, appare deformato con zone bronzee e altre scolorite. La malattia si trasmette attraverso un vettore che la fa propagare tra le piante, quindi la prima cosa è debellare le parti infette, poi irrorando le piante con i vari macerati.

Foglie ingiallite

Foglie gialle e arricciate, iniziano a formarsi sul fondo della pianta, segno di invecchiamento dell'impianto, oppure carenza di azoto nel terreno. Altri fattori possono essere parassiti, funghi e batteri.

Eccesso di Azoto

Le foglie si arricciano verso l’alto, il colore può scurirsi. Sciacquare il substrato con annaffiature di sola acqua.

Peronospora

Colpisce sia le foglie che i frutti dei pomodori, e si propaga rapidamente. Sintomi: compaiono macchie grigie sulle foglie che presto seccano. Un anello di muffa bianca a volte si sviluppa attorno alle macchie, soprattutto in caso di pioggia. Striature scure possono apparire sugli steli. Macchie scure si presentano anche sui frutti, sia maturi che acerbi.

Le piante malate vanno asportate immediatamente. Una buona circolazione dell’aria riduce sensibilmente il rischio di infestazione.

Ruggine

La cosiddetta Ruggine può colpire il fogliame, gli steli e i frutti. Sintomi: macchie scure con anelli concentrici si sviluppano a partire dalle foglie più vecchie. La superficie fogliare circostante diventa gialla. Le foglie più giovani possono cadere lasciando i frutti esposti al sole. I pomodori presentano macchie nere, trattamento a base di fungicida

Muffa grigia delle foglie

Piccole macchie scure visibili su entrambe le facce delle foglie. Le macchie hanno un colore grigio marrone, ma spesso nella parte superiore della foglia assumono contorni gialli. La parte centrale delle parti colpite si secca, alla fine le foglie cadono, i frutti non si sviluppano. E’ una malattia molto grave.

Un clima caldo, umido e scarsamente arieggiato incoraggia la malattia. Migliorare la circolazione dell’aria.

Septoriosi

E’ a volte scambiata per la peronospora. Sulle foglie si presentano macchie circolari grigie con puntini al loro interno. Possono manifestarsi anche larghe macchie marroni. Le foglie più vecchie cadono quasi subito.

Sebbene si tratti di una patologia abbastanza aggressiva è fortunatamente rara.

Verticillium

Le foglie presentano ingiallimento e necrosi, appassimento. La causa è un fungo del terreno, che può colpire la maggior parte delle piante. La rotazione delle colture e la selezione di varietà resistenti è fondamentale.

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Parassiti

Le cimici e gli afidi possono creare in certe annate dei problemi. Le prime provocano punture ai frutti, le seconde ai giovani germogli. Rimedi: macerato di ortica, sapone liquido di Marsiglia diluito in acqua (5-10 %). Le coccinelle si nutrono di parassiti, quindi sono ben accolte.

CIMICE VERDE

la cimice è un insetto litofago (che si nutre di vegetali) fastidiosissimo e dannoso, i predatori non lo infastidiscono perché questi insetti possiedono ghiandole odorifere che emettono un odore abbastanza fastidioso. Esistono diverse varietà di cimici la Palomena vividissima, ha il caratteristico colore verde vivo dalla funzione mimetica; la Nezara viridula può variare dal colore verde al marrone-rossastro. Pungono le piante, e aspirano la linfa. Con questa operazione, oltre a danneggiare con le punture e la sottrazione del liquido vitale, la cimice si fa anche vettore di virus e infezioni fungine. Quando i frutti sono maturi la sua azione si concentra specialmente su questi.

per fortuna possono essere combattute abbastanza agevolmente sulle piccole superfici, senza ricorrere a prodotti chimici. Si possono spruzzare le piante infestate con semplice acqua e peperoncino, o si può preparare un infuso di tabacco facendo bollire un litro di acqua, nel frattempo si sbriciola in una ciotola un paio di sigarette o una punta di sigaro o due pizzichi di tabacco trinciato: si versa sopra l’acqua bollente e si lascia raffreddare. L’infuso è pronto: metterlo in uno spruzzatore e spruzzarlo sulle piante. E’ consigliabile aggiungere all’infuso un cucchiaio di detersivo per piatti, in modo da aumentarne la tensioattività cioè l’adesività alle piante.

Se l’infestazione è leggera, è consigliabile diluire al 50% il preparato, che può svolgere anche così la sua funzione senza sovraccaricare le piante di sostanze estranee. L’infuso non è dannoso per le piante, l’operazione si può ripetere quante volte si vuole.

Il rimedio più efficace per prevenire gli attacchi delle cimici utilizzare il decotto all'aglio. Da spruzzare di tanto in tanto alla base delle piante nelle ore serali, funziona anche il macerato d’ortica.

TIGNOLA DEL POMODORO

La Tignola del pomodoro (Tuta absoluta) è un microlepidottero appartenete, una famiglia importante (gelechidee) perchè vi appartengono diverse specie dannose in agricoltura, di recente introduzione in Italia, proveniente dal sudamerica, quindi non hanno nemici naturali o molti principi attivi in uso da noi non sono efficaci.

L’insetto, una farfallina, presenta adulti lunghi circa 5-6 mm con colorazione grigia argentato e sfumature beige, sulle parti apicali delle ali possono evidenziarsi delle strie scure disposte a raggiera su fondo giallo, nella metà basale invece vi è presente un numero variabile di macule scure più o meno sfumate.

La femmina può deporre fino a 200 uova al giorno. Lo fa sulla pagina superiore delle foglie, sui frutti sia verdi che maturi e su altre parti della pianta. Dalle uova si schiudono le larve, che allo stadio maturo raggiungono la lunghezza di 7-8 mm. E penetrano nelle foglie, nei fusti e nei frutti, scavando gallerie per trovare riparo e completare lo sviluppo. Il ciclo vitale dura dai 25 ai 75 giorni quindi in un anno possono susseguirsi fino a 10-12 generazioni!

I frutti presentano la necrosi dei tessuti colpiti, con conseguente marciume della parte interessata.

L’unica lotta che si può fare è quella con le trappole ai feromoni o ad elettroluminescenza e lavorando bene il terreno in inverno in modo da rimuovere eventuali crisalidi lì presenti.

La Tuta attacca esclusivamente le solanacee e ha come ospite principale il pomodoro, ma si possono avere danni anche su patata, melanzana e peperone.

Informazioni e immagini sulla Tignola del pomodoro (Tuta absoluta) tratte da: https://www.coltivazionebiologica.it/tuta-absoluta-del-pomodoro/

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Peperoncino (nei paesi di lingua inglese e spagnola viene chiamato Chili che deriva dal nome originale messicano di questa pianta, io in casa l’ho sempre sentito chiamare “spagnolino” e il termine mi piace) Famiglia: Solanaceae Genere: Capsicum dal latino “Capsa”, che significa scatola, per la forma del frutto o forziere, perchè la bacca contiene i semi (anche il peperone appartiene allo stesso genere) fu portato in Europa dopo la scoperta dell'America nel 1493 con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo, è stata la prima pianta del nuovo mondo a diffondersi rapidamente in Europa e in tutti gli altri continenti. Il peperoncino pare sia apparso circa 9-10.000 anni fa nel Messico centro-meridionale e si sia diffuso in America centrale e nella parte settentrionale dell'America del Sud.

I nativi americani utilizzavano il peperoncino raccolto da piante selvatiche già nel 5000 a.C. e sembra che la sua coltivazione fosse praticata già a partire dal 3500 a.C. e all'epoca, il peperoncino si era già differenziato in circa una dozzina di varietà che venivano coltivate dagli Aztechi per usi alimentari, medicamentosi e rituali. Il peperoncino è la spezia più importante ed utilizzata nelle cucine di tutto il mondo.

Il peperoncino e le altre spezie piccanti hanno proprietà antibiotiche: in tal modo rendono più facilmente digeribili i cibi avariati e carichi di germi. Il timo e la cannella, in test sul potere battericida, hanno eliminato l'80% dei batteri, mentre il peperoncino ha raggiunto un tasso battericida del 75%, dunque è ovvio che i cibi fortemente speziati abbiano una forte tradizione nei paesi più caldi dove il clima favorisce la crescita batterica e la loro conservazione risulta più difficile. Il peperoncino, aumenta la sudorazione e ha la funzione di ridurre naturalmente la temperatura corporea.

Seminare i peperoncini a luna crescente (periodo che va dalla luna nuova alla luna piena) nei mesi da gennaio ad aprile io per me consiglierei il prima possibile perchè sono a crescita lenta, quindi piantandoli in pieno campo c'è il rischio che non giungano a maturazione causa i primi freddi anticipati. Dopo che le piantine iniziano a germinare, tenerle in ambiente luminoso e caldo,  trapiantandole in vasetti singoli.

Quando le nuove piantine si sono sviluppate (minimo con 4 - 6 foglie), effettuare un primo trapianto e quindi la messa a dimora, con luna calante, quando le piante saranno già sufficientemente robuste e la temperatura non scenderà mai sotto i 10°-12°.

Sono piante molto rustiche che hanno un portamento arbustivo eretto, per cui può essere necessario l’utilizzo dei tutori a sostegno e anche contenere rami particolarmente disordinati con una legatura stile pomodori. Devono essere allevate in pieno sole e mal sopportano le basse temperature, richiedono terreni sciolti, ben drenati, meglio se sabbiosi e leggermente acidi, non troppo ricchi di sostanza organica.

Durante la fioritura e la crescita dei frutti (come tutte le altre piante da orto) necessitano di potassio (quando preparo la terra aggiungo bucce di banana essiccate e sbriciolate), la carenza si nota perché cadono i fiori. Sembra anche che non sia opportuna la coltivazione vicino ai pomodori.

Non sono necessari interventi come cimatura o altre potature verdi.

Le specie attualmente conosciute sono circa 26, ma le uniche ad essere coltivate per uso alimentare o industriale sono 5, la classificazione classica si basa sul tipo di fiore: Capsicum Annuum (es. Jalapeno, Cayenna, Diavolicchio, Soverato) i fiori sono solitari con filamenti non viola e corolla bianca; Capsicum Baccatum (es. Cappello del Vescovo o Bishop Crown, Aji Amarillo) i fiori sono solitari, la corolla è bianca con o senza macchie; Capsicum Frutescens (es. Tabasco) fiori abbinati con corolla verdastra;  Capsicum Chinensis (es. Habanero) presenta due fiori per nodo, corolla bianca con filamenti viola e Capsicum Pubescens (es. Rocoto) i cui fiori hanno corolla viola.

Vedi http://www.peperoncino.org/il-peperoncino/botanica

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Quanti giorni trascorrono dalla prima allegazione (Il passaggio da fiore a frutto) al primo frutto maturo?

Capsicum Annuum: 35-40 giorni (Diavolocchio, Soverato, Cayenna)

Capscium Baccatum: 50-55 giorni (Bishop Crown, Aji Amarillo)

Capsicum Frutescens: 30-40 giorni (Tabasco)

Capscium Chinense: 40-45 giorni (Habanero)

Capsicum Pubescens: 65-70 giorni (Rocoto)

Il Capsicum annuum è sicuramente tra le cinque specie di peperoncini la più coltivata in Italia e comprende più di cinquanta varietà con frutti dolci e piccanti  di colore rosso, verde o giallo, tra queste il classico Peperoncino rosso italiano, il Jalapeñola e il Peperoncino di Cayenna (immagine a destra) che deve il nome alla città di Cayenna nella Gujana francese e il termine cayenna viene spesso usato per indicare qualsiasi tipo di peperoncino. I peperoncini Cayenna hanno tutti la particolarità di essere allungati (arrivano a 10 cm) e sottili con la punta spesso arricciata. All'interno di questo gruppo ritroviamo le cultivar: ‘Mirasol’, ‘Red Cayenne’ [che ho pianto con successo], ‘Yellow Cayenne’, ‘De Arbol’. (grado di piccantezza scala Scoville 30.000 - 50.000)

Ho anche recuperato dei semi da un peperoncino e li ho piantati (immagine a sinistra), ho ottenuto il Diavolicchio calabrese col caratteristico portamento verticale (crescono puntando verso l’alto) a differenza di tutti gli altri che sono penduli, sono lunghi dai 3 ai 10 cm, inizialmente di colore verde (a differenza del tabasco che è ugualmente corto, ma che prima della completa maturazione è giallo), raggiungendo, ad avvenuta maturazione, un rosso intenso. Essendo peperoncini poco carnosi, si essiccano facilmente [il risultato è soddisfacente e li coltivo regolarmente e li chiamo diavolicchio].

Ho anche trovato il vero e originale peperoncino calabrese chiamato Soverato [quello della foto sotto] dal quale ho preso i semi che ho piantato con risultati lusinghieri [foto a destra].

A questa specie appartengono anche alcuni peperoncini ornamentali ad esempio il Black Pearl ovvero “perla nera” peperoncino tutto nero, tondeggiante e lucente con anche il fogliame scuro creato nel 2006 e il Numex Twilight. Che è una piantina che rimane bassa, una cinquantina di centimetri circa, dalle foglie scure, e dai peperoncini piccoli di tipo conico che crescono verso l’alto, i quali nel processo di maturazione assumono colori sgargianti: da bianchi a viola, poi gialli e arancio fino a diventare rossi a maturazione completa. La pianta, appartenente alla specie degli Annuum, è stata creata nel 1992 nell’Università Statale del New Mexico (NuMex è proprio l’acronimo di NewMexico che caratterizza tutti i peperoncini creati in questa Università).

A questa specie appartiene anche il classico peperone.

 La specie Capsicum Baccatum proviene dalle regioni secche della Bolivia e del Perù, a questa specie appartiene il peperoncino Aji Amarillo che si traduce con peperoncino giallo, ma a maturazione completa diventa arancione; è originario del Perù, anzi è da considerarsi come simbolo della cultura Inca del Perù, ottimo da saltare in padella, da mettere crudo in insalata o sul pesce perche è poco piccante e ha un retrogusto fruttato molto profumato e aromatico, usato nel ceviche, il piatto nazionale peruviano che è una marinatura di pesce crudo fresco, condito con peperoni, cipolla, lime, pepe e sale e Aji Amarillo. 

 Il  Cappello del Vescovo, traduzione del nome della varietà che è Bishop Crown, conosciuto anche come Rocotillo ha la caratteristica forma a campana con 3 protuberanze laterali situate in prossimità dell’apice, matura passando dal verde all’arancio e poi al rosso [dal 2016 lo coltivo regolarmente]. La buccia è abbastanza sottile e la polpa, non molto spessa, è soda e croccante ed ha spiccato profumo di peperone, non è eccessivamente piccante, per cui si presta ad essere consumato fresco in insalata per apprezzarne gli aromi particolari, può essere aggiunto in una peperonata, per aumentarne piacevolmente la piccantezza, ripieno e cotto al forno o conservato ripieno sottolio. [Vedi ricette] (grado di piccantezza scala Scoville 500 - 2.500).

Diversamente a quasi tutte le varietà di peperone, può essere coltivato con successo, nei nostri climi, come pianta perenne, arrivando a formare dei cespugli molto decorativi. La taglia della pianta è ragguardevole, più simile ai peperoni che ai peperoncini, ma può essere anche piantata in vasi di 22-25 cm. forma un grosso cespuglio (altezza circa 120 cm, diametro circa 100 cm) e puo’ arrivare a produrre 6-7 Kg di peperoncini in una stagione.

Ho provato nel 2016 a togliere dalla terra e mettere in un vaso una pianta di Bishop Crown, in autunno ha perso tutte le foglie, ma in primavera (fine febbraio-marzo 2017) sono spuntate quelle nuove, mentre le piante lasciate all’aperto sono seccate, ma anche quella in vaso dopo aver prodotto alcuni frutti molto più piccoli di quelle prodotti dalle piante coltivate all’aperto, è repentinamente seccata.

 

Alla specie Capsicum frutescens appartiene il tabasco, peperoncino da cui si ricava la nota salsa, la cui ricetta è segreta [Vedi ricette]  che è più corto del Cayenna e si ottiene una ottima resa, (grado di piccantezza scala Scoville 2.500 - 5.000)

Alla specie Capsicum chinense, appartengono i peperoncini più piccante del mondo con nel Guinness dei primati il Carolina Reaper che è un ibrido noto originariamente col nome in codice“HP22B”, coltivato nella Carolina del Sud. Tra i più piccanti l’Habanero, che è una cultivar della penisola dello Yucatan, in Messico, con frutti dalla forma a lanterna, il nome Habanero deriva da l’Havana, la capitale di Cuba da cui si ritiene provenga e dove è diffusa la curvar Orange.

l’Habanero è un arbusto a portamento eretto, con foglie ovato-lanceolate verdi. Si distingue dalle altre varietà della specie per il frutto, generalmente a forma di lanterna, che può presentarsi con la punta allungata in forma conica o rientrante. Le dimensioni vanno dai 2 agli 8 cm di lunghezza, e circa la metà in larghezza. L’habanero ha un sapore dolce, Nella Scala Scoville, questa varietà si posiziona tra 200.000 e 300.000 Unità Scoville, ma il Red Savina arriva intorno a 577.000. Il colore è verde quando immaturo, mentre a maturazione può essere bianco, giallo, arancione, rosso, viola o marrone. le varietà più comuni sono: Red Savina, Orange e Chocolate.

Habanero Red Savina. Il colore dei frutti maturi è rosso brillante, finiscono tipicamente con una punta, è di facile coltivazione, i suoi frutti sono maturi a tarda stagione. E’ uno dei peperoncini più apprezzati al mondo è decisamente piccante e profuma di peperone. La pianta di Red Savina può raggiungere il metro d’altezza e ha un’incredibile fruttuosità. La pianta è anche abbastanza resistente e non necessita di particolari cure. Fu scoperto per la prima volta da Frank Garcia, nel 1989 quando noto in una coltivazione di Habanero orange alcune piante con frutti rossi e li rinominò come sua madre Savina. Entro nel Guinness dei primati per la piccantezza nel 1994 e restò imbattuto fino al 2007.

ho acquistato i semi e ho provato due Habanero:

l’Habanero Chocolate è diffuso in Giamaica è noto anche come Black Congo, pur essendo carnoso, non è difficile essiccarlo al sole. Arriva ad un’altezza di oltre 70 cm da terra, con poche foglie ma molto grandi. A maturazione avvenuta assume il tipico marrone che ricorda il cioccolato. La piccantezza è molto elevata (fino a 300.000 Unità Scoville). Nel 2018 ho provato a piantarlo, ma con risultati deludenti penso perchè è uno dei più lenti e tardivi, quindi non adatto alla collina piemontese dell'alto Monferrato dove ho il pezzettino di terreno.

In onore della rivoluzione Cubana ho provato, con discreto successo, a piantare l’Habanero Orange che ho letto essere tipico di Cuba. Di colore arancione e dal gusto fruttato viene utilizzato nella maggior parte dei piatti messicani. Ha un altezza variabile tra i 60 e 90 cm

 La specie Capsicum pubescens, include il sudamericano rocoto. È la più diffusa in Perù e Bolivia, ed è presente anche nei Caraibi e in Messico. È una delle specie di capsicum note da più tempo. È la specie più resistente al freddo, e cresce ad altitudini elevate, generalmente tra i 1500m e i 2900m. Inoltre non tollera il calore delle pianure tropicali. Dato lo spessore della polpa dei frutti, rotondetti, solitamente vengono utilizzati freschi, o surgelati perché l'essiccazione è difficile. 

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I peperoncini tendono ad ibridarsi, anche se, in questo caso, a volte il fiore già fecondato secca e si stacca, probabilmente per una forma di difesa della pianta dall’ibridazione. Comunque nelle fonti che ho trovato sembra che sia raro che succeda tra le specie C. Annum e C. Baccatum che utilizzo io, mentre è più facile tra gli Habanero  con gli C. Annum e con gli altri C. Chinense.

I peperoncini sono originari di ambienti equatoriali o tropicali, in queste condizioni sono arbusti perenni da 30 - 40 cm a circa 2 m raggiungendo dimensioni di veri e propri alberi  e possono vivere alcune decine di anni.

Nei climi europei, in cui la stagione calda ha una durata limitata, le varietà utilizzate sono coltivate come piante annuali, dal momento che le solanaceae del genere Capsicum  hanno uno sviluppo ottimale con una temperatura compresa tra i 21 e i 28° C. e con una notevole umidità atmosferica, non tollerano temperature inferiori ai 7° C.

Il peperoncino però ha un fusto sufficientemente legnoso per conservare degli umori vitali anche nel periodo di riposo, dopo aver perso tutto il fogliame; questo significa che all’arrivo della primavera successiva gli stimoli della natura che rivive possono essere in grado di indurre quel fusto apparentemente secco ad emettere nuovi germogli, e la pianta risorge e fruttifica di anno in anno, ma alle nostre latitudini sopravvivono solo se coltivati in vaso in modo da poterli spostare in serra calda.

Volendo provare a fargli superare l'inverno, a fine stagione, prima del grande freddo, quando la pianta avrà perso tutte le foglie, potare tutti i rami troppo lunghi o troppo esili, oltre a quelli danneggiati.

In genere come con qualunque varietà, per ottenere peperoncini più piccanti bisogna ridurre molto l’irrigazione quando cominciano a diventare rossi ed eliminatela del tutto una settimana prima della raccolta, ma quando si raccolgono? Quando il frutto raggiungerà il colore finale in maturazione l’intensità di colore massima uniformemente su tutto il peperoncino, se dopo 2 giorni l’intensità del colore non cambia, il peperoncino sarà effettivamente pronto per essere raccolto.

Se non si conosce il colore finale del peperoncino, ma si presenta più morbido rispetto agli altri frutti, allora sarà pronto. Nel dubbio, accogliere un peperoncino che pensi sia maturo, tagliarlo a metà… se la placenta ha ancora qualche sfumatura verdognola significa che ancora non è maturo altrimenti se è di un colore bianco tendente al giallo è perfetto!

 Malattie

Una pianta in salute avrà foglie con una struttura molto solida, un colore verde e lucido e con i bordi perfettamente regolari.

Se si verifica un ingiallimento delle foglie la causa può essere un eccesso di acqua, carenza di azoto o mancanza di luce; se le foglie sbiadiscono, ma le nervature sono ancora verdi è la clorosi ferrica,  dovuta a carenza di ferro o a carenza di magnesio.

Le principali cause delle foglie se si accartocciano possono essere il terriccio troppo secco, la temperatura troppo alta o le radici danneggiate, mentre se si arricciano può essere troppo fertilizzante o infestazione di tripidi o afidi; Le soluzioni sono rispettivamente quelle di non concimare per un periodo, soprattutto se le foglie assumono un colore verde molto scuro, mentre in caso di infestazioni da parassiti, un trattamento idoneo.

L'alcaloide Capsaicina, insieme ad altre 4 sostanze, chiamate collettivamente capsaicinoidi, è la principale responsabile della piccantezza dei peperoncini è formata da alcune ghiandole che si trovano nel tessuto che sorregge i semi (tessuto placentare) mentre i semi ne sono totalmente privi al loro interno ma la contengono solo esternamente, per contatto con la placenta. Queste sostanze sono molto stabili e resistono sia alla cottura, alla disidratazione che al congelamento.

I capsaicinoidi naturali presenti nei peperoncini sono: Capsaicina, Diidrocapsaicina (DHC), Omodiidrocapsaicina (HDHC), Nordiidrocapsaicina (NDHC), Omocapsaicina (HC).

La concentrazione dei capsaicinoidi in un peperoncino varia da specie a specie, da varietà a varietà e agiscono e stimolano in modo diverso; l’80-90%, della percezione di piccantezza è causata dalla Capsaicina e dalla Diidrocapsaicina.

La Capsaicina e la Diidrocapsaicina agiscono pressoché allo stesso modo. La loro azione si concentra a metà bocca e metà del palato nonché nella parte posteriore della lingua e nella gola, sviluppandosi rapidamente con un effetto persistente.

La Omodiidrocapsaicina ha un effetto molto forte ed irritante, “paralizzante”, che si concentra nella gola, nella parte posteriore della lingua e del palato. Si sviluppa lentamente ed è difficile da togliere. La Nordiidrocapsaicina produce una sensazione meno irritante che si concentra nella parte anteriore della bocca e del palato, ha un sapore descritto come fruttato, dolce, speziato. Si sviluppa immediatamente, ma si attenua rapidamente. Pertanto, a seconda della percentuale di specifici capsaicinoidi presenti nel peperoncino, è abbastanza intuitivo capire come alcuni tipi di peperoncini sembrino più piccanti rispetto ad altri, anche a parità di valore nella scala Scoville. Alcune varietà bruciano principalmente sulla lingua, mentre altre bruciano nella parte posteriore della gola.

[Fonte tesi di laurea in scienze e tecnologie alimentari di Serena Palliotto  - anno 2013-14]

La formula bruta della capsaicina (8-metil-N-vanillil-6-nonenamide)  è C18H27NO3.

L’alcaloide come caffeina, morfina, dopamina ecc. è una sostanza organica di origine vegetale, con un gruppo azotato [N] derivante da un amminoacido [-NH2] tale da dare alla struttura un carattere basico è un derivato del metabolismo di un acido grasso monoinsaturo, mentre la diidrocapsaicina (formula bruta: C18H23NO3) anche lei presente nei peperoncini, lo è della versione satura. Sono alcaloidi incredibilmente stabili.

Un altro alcaloidi è la piperina (formula bruta C17H19NO3), che è responsabile del sapore piccante del pepe, si trova nello strato superficiale del pepe nero (Piper nigrum), però agisce in modo diverso causando una irritazione blanda del nervo trigemino. È utilissima perché inibisce la formazione delle cellule adipose, ma anche alcuni enzimi con conseguenze più o meno negative per l’organismo.

La Capsaicina è un’ alcaloide che interagisce con alcuni termo recettori presenti nella bocca (nello stomaco e nell'ano) chiamati VR1 e VRL-1 (responsabili di segnalare al cervello quando la temperatura supera rispettivamente i 43°C e i 52°C) e li fa "scattare" come se ci fosse un reale aumento di temperatura nella nostra bocca e quindi il cervello ci dà il segnale di "bruciore". Agisce su una rete di recettori situati nella testa e nella faccia e soprattutto nelle cavità della bocca e del naso. Si tratta di una sorta di sistema d'allarme che avverte dei pericoli quali il calore, il freddo e il dolore. Queste sentinelle sono stimolate anche da sostanze “ignote” tra cui il piccante, presente in alcune spezie come la capsaicina, presente nel peperoncino che non essendo codificata con una sensazione specifica, viene avvertita come pericolo “calore”.

Il piccante si avverte soprattutto nella punta della lingua dove c'è una maggiore densità di recettori del trigemino. L'effetto piccante viene registrato dai recettori un po' in ritardo, ma dura più a lungo e per questo intercorre un brevissimo intervallo fra il morso sul peperoncino e il suo effetto dirompente.

Una sostanza analoga si trova nella radice di zenzero, mentre il piccante del pepe deriva invece dalla piperina.

Le spezie forti come il peperoncino provocano delle reazioni di protezione, come lacrime e secrezioni nasali, che hanno la funzione di eliminare dall'organismo la sostanza irritante.

Questa sensazione si ha anche quando defechiamo in quanto i Capsocinoidi non sono digeriti e, dal momento che  quegli stessi recettori sono presenti anche nell'ano, possiamo avere la sensazione di bruciore, anche in questo caso, virtuale. Una volta passata la fase di bruciore acuta, si ha una bella sensazione di benessere che è dovuta al fatto che il "dolore" provocato dalla Capsaicina stimola il cervello a produrre Endorfine, oppiacei naturali prodotti dal nostro organismo per attenuare il dolore che danno appunto una sensazione di benessere.

E' sconsigliato bere acqua per alleviare il bruciore perchè la capsaicina non è idrosolubile e non farebbe altro che distribuire meglio la molecola nella bocca. Uno dei modi migliori per alleviare la sensazione di bruciore è bere latte, mangiare yogurt od ogni prodotto caseario, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti una proteina, la caseina, agglutina la capsaicina, rimuovendola dai recettori nervosi, si scioglie bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa, si può anche usare del ghiaccio come anestetico, quindi un bicchiere di latte freddo, sorseggiato lentamente, è senz'altro il "rimedio" migliore all'eccessiva piccantezza.

La capsaicina fa parte delle sostanze che compongono farmaci chemioterapici e non risulta essere cancerogena, fu scoperta nel 1816. Pura è una sostanza tossica, se assunta direttamente provoca la morte per arresto respiratorio, ma la quantità necessaria per ingestione a causare la morte di una persona di settanta chilogrammi è di tredici grammi (due cucchiai), in dosi “normali” non è mortale, ma è irritante per tutti i mammiferi, non lo è invece per gli uccelli che si nutrono normalmente di queste bacche e conseguentemente diffondono i semi e sono loro i responsabili della straordinaria diffusione del peperoncino.

Le principali virtù della capasaicina sono di far fluire meglio il sangue nell’organismo perché crea una maggiore elasticità del tessuto arterioso, prevenendo malattie cardiovascolari, attiva azioni antibatteriche e antireumatiche, agendo quindi come difensore naturale del corpo oltre è motivatore dell’intestino pigro. La capasaicina permette, di aumentare il senso di sazietà e quindi si dimostra utile per chi si è posto l’obiettivo di perdere il peso.

Wilbur Scoville (1865-1942) ideò nel 1912 una scala che misurava il grado di piccantezza: 0 (valore minimo) per il peperone dolce non piccante, 16.000.000 SHU (Scoville Heat Units) valore massimo per la capsaicina pura, ma si basava su una valutazione gustativa.

Il metodo consiste nel diluire l'estratto del peperoncino da testare in una soluzione di acqua e zucchero. si diluisce tante volte fintanto che un gruppo di assaggiatori non lo giudica privo di piccantezza. Ad esempio: 1 cc di Habanero ridotto in pasta dà ancora una sensazione piccante dopo essere stato diluito in 300.000 cc di acqua ovvero in 300 litri quindi supera i 300.000 SHU.

Oggi ci sono metodi molto più sofisticati, tra cui il test HPLC (High performance liquid chromatography, conosciuto come “Metodo Gillette”) che misura con un cromatografo direttamente la quantità di capsaicinoidi, anziché affidarsi alla sensibilità dell’uomo. Il risultato moltiplicato per 16 si avvicina alla scala Scoville, che non riporto perchè è diffusissima in rete.                                                                                                        torna su

Molto famosa è la paprica o paprika che non è una varietà specifica ma è la polvere che si ottiene da diverse varietà essiccato di Capsicum annuum per cui può avere un grado di piccantezza variabile a seconda della varietà che viene utilizzata. Una paprika di buona qualità non deve avere un elevato colore rosso ma una buona piccantezza; è diventata la spezia tipica dell'Ungheria.

Il chimico Albert Szent-Györgyi, Premio Nobel nel 1938, ha contribuito a valorizzare questo vegetale scoprendo in esso, una ricca fonte di acido ascorbico (vitamina C) che ha fermato le morti per scorbuto, una malattia che uccideva migliaia di marinai.

I composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l'uso di peperoncino ed altre spezie. I peperoncini sono ricchi di vitamine:

  • Vitamina C; Presente in concentrazioni, proporzionalmente alle dimensioni, maggiori rispetto agli agrumi.

  • Vitamina P; Protegge la naturale elasticità e conformazione dei capillari sanguigni, migliora la capacità circolatoria del sangue.

  • Vitamine K,K2; Vitamine antiinfiammatorie

  • Vitamina E; Naturale Antiossidante

Il peperoncino stimola la produzione di succhi gastrici e intestinali, attivando tutti gli organi dell’apparato digerente e perciò si consiglia a chi ha difficoltà digestive, a chi soffre di ptosi gastrica e agli inappetenti. Non deve consumare il peperoncino chi soffre di gastrite, di ulcera gastroduodenale, di colite e di emorroidi. E' sconsigliato anche agli uomini che soffrono di prostatite e alle donne che soffrono di cistite.                                                                                                                            torna su

CONSERVARE I PEPERONCINI [vai alla pagina Conservare_cucinare]

Il metodo di conservazione classico dei peperoncini è farli essiccare. Ci sono due possibilità:

1) appenderli in una stanza ben ventilata e asciutta per almeno 3 settimane;

2) Essiccarli al sole, ci vogliono almeno 3-4 giorni di sole e l'umidità è bassa.

attenzione, però, questa tecnica non è così semplice, perché il clima deve essere particolarmente caldo e secco, basta una giornata piovosa perchè le bacche assorbano di nuovo l’umidità che con fatica avevano perso e mai diventeranno secche al punto giusto, cosa che è quasi inevitabile con peperoncini molto “carnosi” o ricchi di sostanze “oleose”, quindi per essere sicuri del risultato si dovrebbe usare una essiccatrice.

Io procedo in questo modo: Faccio seccare i peperoncini infilandoli con ago e fili nella parte verde (il picciolo) e li lascio all’aria in un posto asciutto. Quando sono abbastanza secchi taglio via il picciolo e rimuovo semi, che non apportano alcun sapore lasciando però la placenta, li metto su una griglia nel forno appena si spegne dopo aver cotto qualche altra cosa in modo che si asciughino bene. Divenuti freddi, li frullo subito fino ad ottenere una polvere e la conservo in un barattolino chiuso.

Con l’essiccazione i peperoncini tendono a mantenere la piccantezza originale, ma una buona parte delle note aromatiche presenti nel peperoncino fresco potrebbero venire dispersi in aria con l’evaporazione della parte acquosa, quindi una valida alternativa per la conservazione è il congelamento.

Possono essere congelati interi, a pezzetti o frullati. Lavare i peperoncini appena raccolti, non troppo maturi, asciugarli e metterli nel congelatore, intero o tagliati per il senso della lunghezza rimuovendo i semi, disponendoli su un vassoio e congelali per circa un’ora poi metterli in un sacchetto per congelatore facendo uscire l’aria in eccesso.

Per congelare i peperoncini frullati bisogna lavarli, asciugarli, rimuovere i semi,  inserirli nel frullatore, aggiungete un filo d‘olio e mixare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo. Trasferire il composto all’interno di un contenitore dividendolo all’interno di tante piccole vaschette per poter congelare e usare solo la quantità necessaria per condire il sugo, preparare delle bruschette ecc.

Per evitare che una volta scongelato il peperoncino sia troppo mollo e per nulla croccante bisogna scongelarlo lentamente riponendolo per 24-48 ore in frigorifero, riducendo al minimo lo sbalzo termico così sarà come quello fresco, oppure, se da cuocere, aggiungerlo direttamente congelato.

Per conservare i semi per riprodurli procedere aprendo un peperoncino con il coltello affilato, asportare, nel limite del possibile, tutta la placenta completa di semi in modo che continuano a maturare raggiungendo il massimo del loro potenziale di fertilità durante l’essiccazione, appoggiandoli su dei fogli di carta, in un luogo caldo e asciutto anche sopra un termosifone, per qualche giorno, il processo più è lento meglio è, in modo che secchino per bene.

Durante la fase di essiccazione la placenta rilascia sulla superficie dei semi l’olio essenziale di capsaicina il quale tra le sue innumerevoli proprietà costituisce un’ottima pellicola di protezione dagli agenti esterni; umidità, muffe, virus, batteri e quan’altro troveranno una barriera praticamente insormontabile.

A questo punto basterà manipolarli un pochino con le dita per separare i semi dalla placenta rimasta, ormai secca, che si può sminuzzarla e polverizzarla per produrre un composto “Super Hot” in quanto in essa risiede la maggior parte di capsaicina, l’elemento che conferisce la piccantezza ai peperoncini.

I semi vanno conservati in un luogo buio, fresco ed asciutto. Una bustina di carta è la soluzione migliore,con una manciata di riso che aiuterà ad eliminare quel poco di umidità residua. Non sono invece da prendere in considerazione involucri e bustine di plastica se non si è sicuri che i semi siano perfettamente secchi.

A temperatura ambiente i semi rimarranno fertili per 3 o più anni, con il diminuire della temperatura i semi si possono conservare per decine, centinaia o migliaia di anni!

Sui peperoncini, come su tutto il resto, esistono molti siti, da molti ho preso spunti per sperimentare e, quando il risultato è stato soddisfacente, per riportare su queste note, il sito che mi è piaciuto di più ed è esaustivo e da dove forse ho preso meno idee, visto che molte le avevo già elaborate autonomamente, è:

www.tuttodipeperoncini.com/

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Peperoni

Il peperone (Capsicum annuum): la sua  origine è abbastanza  oscura. Teoricamente si pensa che provenga dal Sudamerica visto che tante specie là crescono spontanee, ma sappiamo che in Europa queste piante erano coltivate prima che Colombo scoprisse l’America. È certo che sia giunto in Europa nel XVI secolo e si sia diffuso con eccezionale rapidità in tutto il continente, in Italia era assai più diffuso del pomodoro.

È un ortaggio versatile diffuso da nord a sud, tipicamente estivo e colorato: ne troviamo in commercio di bianchi, gialli, rossi, arancioni e verdi, è un ottimo antiossidante, è ricchissimo di vitamina C e di betacarotene e contiene potassio, calcio, magnesio e ferro. E’ decisamente poco calorico poiché è costituito da oltre il 90% di acqua, il che lo rende decisamente adatto per le diete dimagranti.

In Piemonte, nel cuneese e nel Monferrato si sono sviluppate miriade di varietà locali, il più famoso è il "peperone di Carmagnola" Igp: il peperone è arrivato a Carmagnola agli inizi del Novecento grazie a Domenico Ferrero, orticoltore di Borgo Salasio. Oggi il peperone di Carmagnola Igp è caratterizzato dal vivace colore rosso o giallo intenso. Sono quattro le tipologie morfologiche riconosciute dal consorzio dei produttori, che hanno denominazione di peperone di Carmagnola: il Quadrato, quasi un cubo con quattro punte; il Corno di Bue, un peperone dalla forma molto allungata che è Presidio Slow Food,  la Trottola a forma di cuore, e il Tumaticot, un peperone tondeggiante e schiacciato ai poli, ideale per la bagna cauda, ma è ottimo anche ripieno di carne.

Il “quadrato di Cuneo designa esclusivamente la cultivar coltivata in forma estensiva di pieno campo fin dagli anni cinquanta nel Cuneese e in alcune aree del basso torinese, Le sue caratteristiche peculiari, che lo rendono unico, sono l’assenza di capsaicina, che determina il piccante e lo rende particolarmente dolce, la forma e lo spessore della polpa che si presenta soda, carnosa, croccante, consistente con uno spessore notevole di circa 10 mm. La bacca ha una colorazione gialla o rossa, Per riconoscerlo va capovolto ha l’apice estroflesso o piatto, mai rientrante caratterizzato da 3 o 4 lobi terminanti nella parte distale a punta, in questo punto di unione dei lobi generalmente coi primi freddi il pericarpo presenta delle bronzature brunastre detti “baffi” marrone se si tratta di peperone giallo, nero se il peperone è rosso. La varietà Cuneo sembra derivare da un incrocio naturale tra una vecchia varietà indigena tendente a produrre bacche di medio piccola pezzatura a forma di pomodoro, con il gigante quadrato di Napoli e di Nocera.

il "Quadrato d’Asti" può essere rosso o giallo, ha polpa molto carnosa e dolce e si riconosce per la tipica forma che gli dà il nome, con quattro lobi alla base. Per questo è un “cestino” ideale per ripieni di riso o di carne, da cuocere al forno.

Il "peperone di Capriglio": Capriglio è un piccolo paese tra Asti e Alessandria con un numero massimo di 500 abitanti tra cui la madre di Don Bosco che usava questi semi per il suo piccolo orticello, il peperone tramandato di generazione in generazione dagli agricoltori locali, è una varietà antica che da oltre 200 anni è coltivato nel Monferrato, è molto rustica, vigorosa e non molto alta: il frutto è di dimensioni medio piccole, con tre sole costole e dalla sezione leggermente triangolare o cuoriforme la sua forma ricorda una trottola, di colore giallo o rosso, la polpa è molto spessa e di ottimo sapore. Presidio Slow Food. Da provare grigliati e conditi con olio e timo.

Ho provato a seminare vari tipi di peperone, ma non ho mai ottenuto risultati soddisfacenti, perchè la pianta mi cresce rigogliosa, ma non produce frutti, probabilmente per il clima collinare non adatto alle qualità che ho utilizzato.

Mi sono stati regalati dei semi di peperoni che, a Peveragno chiamano Toppetti, sono più piccoli della varietà di Cuneo, probabilmente è la qualità originale che, incrociato col quadrato di Napoli ha dato origine al “quadrato di Cuneo” la descrizione si avvicina molto a quello di Capriglio ma anche ai Topepo che sono diffusi in Calabria. Li ho seminati e sto ottenendo risultati soddisfacenti con 5 e più peperoni per pianta, la polpa è spessa e, mangiata a crudo, dall'ottimo sapore, sono anche indicati per preparazioni in agrodolce e ripieni. A me crescono e maturano, molto lentamente, li metto in semenzaio a dicembre poi li sposto in vasetti e li trapianto in pieno campo ai primi di maggio.

 

 

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Melanzane (Solanum melongena) è una pianta erbacea originaria dell'India, appartiene alla famiglia delle Solanaceae; come molte altre solanaceae non può essere consumata cruda, in quanto contiene una sostanza tossica, chiamata solanina, fortunatamente questa sostanza è termolabile, ovvero il calore la rende inoffensiva. Sono suddivisibili in base alla forma del frutto ed al suo colore; le varietà tradizionali portano i nomi dei luoghi dove sono state selezionate. Quella tonda si chiama “Comune di Firenze” di origine ibrida coi suoi frutti rotondeggianti a polpa compatta, pochissimo acida e con pochissimi semi e caratteristica epidermide viola chiaro. 

Ha un basso contenuto in lipidi e calorie (circa 17 calorie per 100 grammi), ma ha una particolare tendenza ad assorbire l’olio. Tra le caratteristiche più interessanti c’è la capacità di combattere la ritenzione idrica. Favorisce l’aumento della produzione della bile, stimolandone il rilascio da parte delle cellule epatiche quindi agevola la digestione e porta al miglioramento della funzionalità epatica e alla riduzione del contenuto di colesterolo nel sangue. Grazie al suo alto contenuto in fibre, ha una elevata capacità saziante; possiede un elevato contenuto in potassio e svolge un’azione molto simile a quello svolto dai farmaci anti-ipertensivi.

Le melanzane hanno bisogno di molta luce solare diretta, vanno coltivate in pieno sole. Mezza giornata di sole diretto non basta Le piante collocate a mezzombra (per esempio, intorno ad un albero o in prossimità di un muro) crescono molto in altezza ma sono stentate e danno una produzione scarsissima. A volte, nello stesso orto, una varietà può riuscire molto meglio di un'altra, sia per il microclima dell'ambiente sia per la composizione chimica del terreno. Un ottimo concime da spargere sul terreno sotto le piante, durante la crescita, è la cenere di legna. Infatti, questa contiene in larghissima misura fosforo e potassio, e non contiene affatto azoto.

Semina in semenzaio luna crescente, trapianto in luna discendente, comunque sempre in giorni di calore, anche per la raccolta, le melanzane crescono con forza solo con temperature elevate e un’umidità costante del terreno, punto debole: le basse temperature, trapiantare in luogo soleggiato, meglio vicino ad un muro per sfruttarne il riparo e il riverbero, ricoprire il terreno con teli di materiale plastico nero, come si per le fragole, così si sfrutta al meglio la radiazione solare e si elimina la lotta alle malerbe. Aggiungere anche della sabbia al momento, per migliorare il drenaggio e abbondante concimazione; è una pianta con elevate esigenze idriche, in particolare durante la fase d’ingrossamento dei frutti. Ogni pianta necessita di almeno 50 cm di distanza dalle altre; Porre il colletto alla profondità di 1 cm perché le piante poste troppo in alto, crescendo, rischiano di allettarsi sotto il proprio peso. Posizionare da subito a fianco delle giovani piante un tutore, a cui legarle per sostenerle. Quando la,pianta è alta circa 30 cm e ha prodotto 2-3 fiori sul fusto principale va cimata, in modo da favorire lo sviluppo di rami laterali. occorre eseguire una sfemminellatura, che consiste nell’eliminazione di getti ascellari posti nel tratto di fusto al di sotto della prima biforcazione, questi, infatti, sono sterili. Il momento più indicato è l’inizio della fioritura. Buona norma è anche quella di eliminare le foglie basali ingiallite che possono favorire, essendo più a contatto del terreno, l’insorgere di malattie e ostacolare una buona aerazione della vegetazione.      

Le melanzane si raccolgono non a maturazione fisiologica, ma quando la buccia perde la sua caratteristica luminosità e tende a diventare opaca. Non importa se hanno raggiunto o no una dimensione soddisfacente. A questo stadio sono turgide, la buccia è ben colorita e sottile, la polpa è elastica e non spugnosa, bianca senza striature brune, e con pochi semi non ancora sviluppati. Prolungare la permanenza dei frutti sulla pianta comporta un loro scadimento qualitativo. Per staccarle dalla pianta impiegare un coltello affilato o un paio di forbici. Si conservano per molti giorni in luogo fresco o nella parte bassa del frigorifero.

Se i frutti si presentano avvizziti, appassiti o spaccati, ci può essere un problema legato a eccessive innaffiature, dopo un periodo di alternanza di clima secco e umido. Ho provato sia la varietà allungata che la tondo liscio senza grande successo: piante belle, fiori belli una o due piccolissime su sette-otto piante.

 

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