tltolo

 

Principali macroelementi: per le piante sono: azoto, fosforo e potassio, poi: zolfo, calcio e magnesio

Per allontanare le lumache cenere; per allontanare le formiche aceto.

Le foglie Significato dei termini indicanti le parti delle piante Alberi
Il legno Le piante (ornamentali, da appartamento, succulente) Varie
Lumache Funghi parassiti Topolini Ghiri Mais pH
Un pò di matematica aurea Un pò di chimica (sostanze utili alle piante) Compostaggio

Le quattro curvar caratteristiche della piana d’Albenga sono: la zucca trombetta, i pomodoro cuore di bue, l’asparago violetto e il carciofo spinoso.

 

Le foglie

In un volumetto simpaticissimo: “Piccolo manuale illustrato per cercare foglie” edito da Il Saggiatore viene ben sintetizzata l’importanza delle foglie:

Le foglie sono la sede della tecnologia più evoluta del pianeta Terra, di certo la più utile: la fotosintesi clorofilliana. Dentro la foglia, le piante catturano l’anidride carbonica e, con l’energia chimica del sole, la trasformano in carboidrati, liberando ossigeno in abbondanza per tutti. Quando finalmente cadono a terra, le foglie finiscono col decomporsi, regalando, ancora una volta, al ciclo della vita le sostanze organiche che hanno saputo sintetizzare.

Con questo procedimento le piante hanno dato vita all’atmosfera terrestre e hanno creato e continuano a creare l’aria che respiriamo e il nutrimento per tutti gli esseri viventi.

Il verde delle foglie dipende dalla presenza della clorofilla, il pigmento in cui avviene la trasformazione della luce della nostra stella in energia utilizzabile dalle piante e, per loro tramite, da tutti gli esseri viventi. E’ la clorofilla ad assorbire la luce e, poiché assorbe in prevalenza le altre frequenze di luce, ci restituisce quelle di colore verde. In autunno la clorofilla decade naturalmente, lasciando il palco ad altri pigmenti: i carotenoidi, responsabili del giallo e dell’arancione e gli antociani che regalano le tonalità rosse e violacee.

Termini indicanti le parti che compongono le piante

Rizosfera, la parte del suolo che circonda le radici.

Le radici si possono suddividere in:

Radici a fittone: costituite da una radice diritta più importante e radici secondarie laterali ramificate.

Radici fascicolate: costituite da un insieme di radici suddivise in fasci, che si dirama dal colletto.

Radici avventizie: non entrano nel terreno, ma si sviluppano nella parte aerea della pianta, quindi la pianta si arrampica.

Il rizoma (da rizo-, radice, con il suffisso -oma, rigonfiamento) è una modificazione del fusto si presenta allungato e ramificato oppure breve e cilindrico, decorrente sotto la superficie del terreno con decorso generalmente orizzontale. Alcuni rizomi sono commestibili e sono consumati come verdure o spezie, ad esempio lo zenzero, usato diffusamente in tutto il mondo.

Drupa è un frutto carnoso con esocarpo (buccia) sottile e membranoso, mesocarpo (polpa) carnoso, succoso, ed endocarpo legnoso (nocciolo), contenente un solo seme osseo. Si tratta di frutti commestibili per gli animali, i quali se ne nutrono, senza poterne digerire l'endocarpo, che viene disperso, assieme al suo seme, dall'animale stesso, defecando ed è il sistema migliore per diffondere le specie.

Sono drupe i frutti delle specie del genere Prunus, tra cui la pesca, l'albicocca, la ciliegia e la prugna, nonché l'oliva, il pistacchio, il mango, il frutto della pianta del caffè, la noce di cocco, il frutto di alcune varietà di palma.

Marzie: una porzione di ramo provvista di una o più gemme, da innestare sul portainnesto.

 Lo stolone è un ramo laterale che spunta da una gemma ascellare vicino alla base (colletto) della pianta e che si allunga scorrendo sul suolo (fragole), o appena sotto il terreno, emettendo radici e foglie dai nodi da cui si generano nuove piantine diventando degli efficienti organi di moltiplicazione vegetativa. La pianta madre può produrre stoloni in più direzioni, cosa che permette una sua rapida diffusione e può colonizzare, molto velocemente, territori aperti formando una copertura così fitta che spesso non consente l'attecchimento di altre specie. Numerose piante possono formare rami che crescono prossimi al terreno, ma non per questo sono stolonifere. Per essere stolonifera una pianta deve generare rami che, non solo strisciano sul terreno, ma devono anche radicare ai nodi e produrre nuovi germogli.

Polloni e succhioni originano da una gemma latente, ovvero da una gemma rimasta in dormienza per un numero indefinito di stagioni, emergono dal fusto o da rami legnosi di più anni di età, generalmente alla loro base. vedi potatura

Le piante monoiche presentano fiori maschili e femminili separati ma sulla stessa pianta, la fecondazione richiede quindi impollinatori esterni come api o vespe. Questo implica un frequente incrocio di varietà.

Le piante allogame presentano l’unione di gameti, maschile e femminile, provenienti dallo stesso individuo ermafrodito (detta anche autofecondazione). Si trova, per esempio, in certi vermi e nelle piante Fanerogame cleistogame. I risultati sono piante meno vigorose e con scarsa fertilità e il fenomeno è facilmente compensibile: l'autogamia porta verso una maggiore consanguineità.

Cleistogama è una forma di riproduzione per autoimpollinazione che si verifica senza che avvenga l'apertura dei fiori. La cleistogamia può essere facoltativa o obbligata. Nel primo caso, la medesima specie può presentare sia fiori cleistogami che fiori casmogami, cioè che presentano l'usuale meccanismo di impollinazione incrociata dopo la fioritura.

PIANTE COI FIORI, quelle senza fiori che si dividono in briofite (26.000 specie) che non sono vascolate, simili alle alghe(12.500 specie), cioè i muschi e pteridofite comunemente chiamate felci (12.000 specie) che sono vascolate.

Le Spermatofite sono piante che producono semi e non semplicemente spore; sono composte da solo due gruppi Le Gimnosperme e le Angiosperme.

Le gimnosperme (800 specie) sono un gruppo di piante vascolari che producono semi non protetti da un ovario, in pratica hanno i semi, ma non i frutti. Sono tutte piante legnose, comuni, ad esempio pini e altre conifere.

Le angiosperme (280.000 specie) sono una divisione del regno vegetale comprendente la maggior parte delle piante viventi. Ne fanno parte gli arbusti e gli alberi più comuni (a eccezione dei pini e delle altre conifere), moltissime specie erbacee e organismi vegetali altamente specializzati come le piante grasse. Rappresentano lo stadio più elevato dell’evoluzione delle piante, si dividono in dicotiledoni e monocotiledoni o Liliopsida (che è il termine utilizzato nelle classificazioni più recenti) a seconda se dal seme si forma un embrione fornito di due o uno cotiledone.

I cotiledoni sono foglie embrionali carnose, con struttura semplificata con funzione di nutrimento dell'embrione dall'inizio della germinazione al momento in cui si sviluppano la radice e le prime foglie e quando l'individuo sia in grado di compiere la fotosintesi, e quindi di nutrirsi autonomamente (nelle Gimnosperme i cotiledoni sono numerosi).

Tra le famiglie più conosciute della classe dei dicotiledoni ci sono le Betulacee (betulla e ontano), le Fagacee (quercia, faggio, castagno), le Crocifere (cavolo, senape, colza), le Rosacee (rosa, melo, pero, pesco), le Leguminose (fagiolo, pisello, fava, lenticchia), le Solanacee (patata, pomodoro, peperone, melanzana).

La più grande famiglia di monocotiledoni è quella delle Orchidaceae (orchidee), dotate di fiori molto complessi, per favorire l’impollinazione da parte di insetti specifici. la seconda famiglia per numero di specie, ma probabilmente la più notevole, è quella delle Poaceae (o Gramineae). Le piante che la compongono si sono evolute specializzandosi per un'impollinazione mediata dal vento; producono piccoli fiori, di solito riuniti in spighe (infiorescenze) ben visibili.                                                           torna su

Le piante superiori hanno una riproduzione sessuata

Il fiore delle angiosperme

Le varie parti del fiore sono:

  1. Calice, formato da foglioline verdi dette sepali. È una parte fiorale sterile.

  2. Corolla, formata da petali spesso colorati e con funzione di attrarre gli animali impollinatori. Anche questa parte del fiore è sterile.

  3. Gineceo, è la parte femminile del fiore, fertile. Si definisce anche pistillo ed è composto da una parte basale slargata detta ovario, che si continua in alto nello stilo e superiormente nello stigma. L'impollinazione nelle angiosperme è sempre stigmatica.

  4. Androceo, è la parte maschile del fiore, fertile. Ha stami formati da filamento e antere; ogni antera ha due teche polliniche, ogni teca pollinica ha due sacche polliniche dove sono contenute cellule madri delle microspore che daranno origine al polline.

il pistillo è l'organo riproduttivo femminile, lo stame (i "filamenti" che circondano il pistillo) quello maschile. Il pistillo è centrale, la parte allargata, che si trova verso il basso, è l'ovario che contiene gli ovuli. Una volta fecondato l'ovulo si trasforma in seme e l'ovario si gonfia e diventa il frutto.  

Il fiore delle gimnosperme

Sono costituiti da un asse centrale dal quale si dipartono delle squame, nel fiore femminile ognuna porta l'ovulo, che non è protetto, in quello maschile il polline. Non si forma alcun frutto perchè manca l'ovario, in alcuni casi i fiori femminili si trasformano in pigna.

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Gli alberi

Le piante arboree della famiglia delle Rosaceae si dividono in 2 sottofamiglie:

drupacea indica una pianta con il nocciolo drupe”, cioè con frutti carnosi costituiti da un esocarpo esterno sottile (o buccia) sottile e membranoso, da un mesocarpo intermedio carnoso e succoso (polpa) e da un endocarpo interno e duro (nocciolo) che racchiude il seme. Il frutto, giunto a maturità, non si apre per lasciare uscire il proprio contenuto (indeiscente).  Esempi di drupacea sono l’albicocco, il ciliegio, il pesco, prugno e il mandorlo.

pomacea (alberi con il seme) si riferisce a una pianta con pomi altrimenti detti  falsi frutti. Per definizione il "pomo" (ad esempio la parte commestibile di una mela) è il risultato dell’accrescimento di una parte del fiore, ma solo la porzione interna, fecondata, del torsolo è considerata frutto, che avvolge i semi. Fanno parte di questo gruppo il melo, il pero e le nespole.

Le drupacee, in particolare il pesco,hanno bisogno di una concimazione azotata.

Le pomacee, soprattutto melo e pero, manifestano una minore necessità di azoto, ma a differenza delle drupacee hanno un intervallo prolungato tra fioritura e maturazione durante il quale si verifica spesso una grossa carenza di nutrienti. L’unico periodo in cui anche le pomacee hanno davvero bisogno di azoto è quello successivo alla raccolta, tra la fine dell’estate e l’autunno, per aiutare le piante a sviluppare le radici a seguito della potatura verde (o potatura estiva).

All’interno delle drupacee esiste una sostanziale differenza: ciliegio e mandorlo non vanno mai potati, se non per sfoltire la chioma nel periodo estivo, mentre su albicocco, susino e pesco vanno potati i rami più vecchi, dato che le nuove gemme risultano più produttive.

Completamente opposta è la produzione delle pomacee, che diventano fruttifere sui rami più vecchi. La potatura riguarda quindi i rami generati da gemme giovani, tutelando i rami più vecchi.

[per saperne di più sulla classificazione degli esseri viventi]

NOMENCLATURA ALBERI                                                                                           torna su

Branche

Organi assili lignificati di 2 anni o più anni. Vengono distinte in :

primarie o principali, inserite direttamente sul fusto

secondarie, inserite lateralmente sulle branche primarie

terziarie inserite lateralmente sulle branche secondarie.

in base alla posizione relativa si distinguono:

di primo ordine, sono le prime a partire dal basso

di secondo ordine ecc. seguono le precedenti ecc.

 Rami

Elementi assili tra 1 e 2 anni di età, derivanti dai germogli completamente lignificati.

Ø  Rami a legno:provvisti di sole gemme vegetative

·         Succhioni: provengono da gemme latenti o avventizie delle branche e del tronco

·         Polloni: provengono dalle radici o dalla ceppaia

Ø  Rami a frutto:in prevalenza provvisti di gemme a fiore o miste

Ø  Rami misti: sono presenti in simile percentuale gemme a legno e a fiore

Nelle Pomacee

Lamburda ramo di due anni, circa 2 cm di lunghezza. Gemma mista terminale e rosetta di circa 8-12 foglie. Formazione tipica su cui fruttificano i meli.

Borsa deriva dall’ingrossamento della lamburda dopo aver fruttificato.

Zampa di gallo(di pollo) –insieme di nuovi dardi e brindilli formatisi su una borsa.

Brindillo  ramo sottile, 10-30 cm o più. Gemma mista all’apice e gemme a legno lungo l’asse.

Ramo misto ramo lungo simile al brindillo, da cui si differenzia per la gemma apicale a legno e gemme lungo l’asse miste e a legno.

Nelle Drupacee

Dardo fiorifero spesso riuniti in formazioni dette mazzetti di maggio (ciliegio). Lungo 1-2 cm e spesso, porta all’apice una gemma a legno circondata da gemme a fiore.

Brindello sottile e più lungo di quello delle pomacee. Gemma a legno all’apice, gemme a fiore in prevalenza lungo l’asse.

Ramo misto formazione di un anno, più lunga rispetto alle pomacee. Gemma a legno all’apice e lungo l’asse, in corrispondenza di ogni nodo, gruppi di 3 gemme, quella centrale piccola a legno e quelle laterali a fiore

 Gemme in base alla loro funzione

a legno o vegetative: contengono i primordi del germoglio che evolveranno in rami

a frutto o fertili: contengono i primordi di: un fiore o di una infiorescenza (gemmeafiore) o sia di un fiore o di una infiorescenza e di un germoglio (gemmemiste)

Le gemme a legno sono più piccole e meno globose delle gemme a frutto

dormienti o normali o ibernanti: si sviluppano nella primavera successiva all’anno della loro formazione

pronte: si sviluppano nell’anno della loro formazione e originano i rami anticipati 

Nella vite sono esclusivamente gemme miste

Il fabbisogno in freddo è un aspetto fondamentale per gli alberi da frutto.

La gemma è un organo vitale fondamentale per le piante. È situata all’ascella delle foglie, tra il picciolo fogliare e l’asse del germoglio, in corrispondenza del nodo. Regola la crescita, la forma, la fioritura e la fruttificazione delle piante. Dopo il riposo vegetativo dalle gemme riparte il ciclo stagionale dell’albero. La gemma è racchiusa e protetta da apposite foglioline modificate, dette perule.

La formazione dei nuovi assi si deve al meristema, una struttura microscopica, contenuta all’interno della gemma. Il meristema è formato da piccole cellule, che si moltiplicano a gran velocità, originando così i nuovi tessuti vitali della pianta. Il funzionamento delle gemme è regolato da un meccanismo fisiologico denominato dormienza. Questo meccanismo difende la gemma dal freddo invernale e sincronizza il ciclo di crescita.

Le gemme si formano nel periodo estivo e subito dopo vi s’instaura la dormienza, che ne impedisce l’allungamento. La gemma, per risvegliarsi e riacquistare la capacità di germogliare, ha bisogno di un determinato periodo di freddo che è diverso per ogni specie o varietà di albero di frutto. Il germogliamento avviene solo se è stato accumulato un certo numero di ore di freddo (appunto, il fabbisogno), a cui fa seguito un aumento delle temperature che sia sufficiente a consentire la divisione cellulare e la levata (arrivo della primavera).

Nelle regioni che vanno incontro a inverni molto miti bisogna stare attenti a scegliere varietà di alberi da frutto che non abbiano un elevato fabbisogno di temperature rigide.

Se la pianta non ha vissuto un periodo abbastanza freddo non riesce più a percepire l’arrivo della primavera, entra in uno stato di confusione, nelle gemme questo si traduce in un anomalo prolungamento della fase di dormienza, le cui conseguenze determinano un peggioramento della produzione dei frutti dell’anno, sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo.

Le specie originarie di ambienti caldi e umidi, acclimatate a stagioni miti non hanno bisogno di inverni freddi. Sono i frutti esotici come avocado, papaya, banana, mango ecc. e gli agrumi, come limone, chinotto, arance, questi alberi, quindi, vanno difesi dal gelo prolungato, poiché per loro è dannoso.

Il totale di ore di freddo per ogni albero da frutto si esprime in maniera semplice in unità di freddo, corrispondenti ad un’ora a 7 °C.

Ecco le indicazioni per gli alberi da frutto più diffusi in Italia:

Albicocco, 400-500 ore totali di freddo

Susino, 600-800

Pesco, 600-800

Vite, 200

Melo, 600-1200

Pero, 800-1000

Mirtillo, 1000

Ciliegio, 700-800

Castagno, 400-600

Fico, meno di 100

Kaki, meno di 100

Mandorlo, 250-500

Melograno, meno di 100

Olivo, 100-250

1000 ore corrispondono ad una quarantina di giorni mai sopra i 7 °C.

 

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Il legno migliore è quello ricavato da alberi abbattuti in inverno, nei mesi da ottobre a febbraio, quando le attività vitali delle piante sono naturalmente rallentate. In inverno la porosità del legno è ridotta e i tronchi sono più poveri di linfa.

Dopo l’operazione di taglio, è importante che il legno venga dilavato dalla linfa residua ed essiccato per essere privato delle sostanze proteiche e reso inappetibile dai parassiti.

Gli alberi dai quali si ricava legname da costruzione e da uso falegnameria (fabbricazione di mobili) - usi per i quali sarebbe necessario che il legno in opera non “lavorasse” troppo - dovrebbero, di massima, essere tagliati nella seconda settimana di luna calante.

Una buona soluzione sarebbe di abbattere gli alberi in particolari giorni dell’autunno e dell’inverno e terminare il lavoro di scortecciamento (manuale o a macchina) in primavera. I tronchi così scortecciati dovrebbero riposare in estate per altri due mesi prima di essere portati in segheria; con questa tecnica si riduce il pericolo di attacchi fungini, o d’insetti e diminuisce la formazione di crepe.

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LE PIANTE ORNAMENTALI si dividono in:

Arbusti sono quelle piante legnose, di piccolo e medio sviluppo, ramificate dalla base, che possono raggiungere l’altezza di m 1-4 circa. Sono ritenuti arbusti anche quelle piante che a causa delle potature o che per natura formano un cespo e, più propriamente, dovrebbero chiamarsi cespugli: come le Deutzie, le Spiree, le Ortensie, ecc. Gli arbusti possono essere sempreverdi a foglia caduca o a foglia persistente.

Potatura degli arbusti a foglie persistente (Azalee, Rododendri, Camelie, ecc.). In linea di massima gli arbusti sempreverdi non sono sottoposti ad una vera e propria potatura, ma solamente a pochi tagli occorrenti per mantenere la vegetazione equilibrata. Eccezione fatta per quelli a vegetazione troppo vigorosa che si potano per evitare che abbiano a spogliarsi alla base, nonché per quelle piante alle quali si voglia dare una determinata forma.

La potatura degli arbusti a foglia caduca (Forsythia suspensa). Tutti gli arbusti a foglia caduca coltivati per la bellezza del loro fogliame e per la rigogliosa vegetazione, traggono vantaggio da una razionale potatura invernale coltivati per la fioritura, non è operazione che possa farsi alla leggera, come molti credono e praticano. Essa infatti è strettamente collegata all’epoca della fioritura e al modo e luogo della emissione dei fiori sui rametti.

Tutti gli arbusti a fioritura primaverile, fatte poche eccezioni, si potano quando la loro fioritura è ultimata. Si sopprimono tutti i rami che hanno fiorito lasciando solamente alcune gemme ai rametti meglio situati

La rosa è un arbusto a foglia caduca. Le rose sono allevate a cespuglio basse, ad alberello, o sarmentose (molli e rampicanti)

Ibride rifiorenti: potatura corta, a quattro, sei gemme, in inverno; d’estate sopprimere i rami sfioriti.

Ibridi di Thea: sono più rustiche delle Thea; di buona vegetazione a fioritura continua ed abbondante. Potatura piuttosto corta, in base al vigore delle piante.

 Piante erbacee. Tutte quelle piante la cui consistenza non è legnosa e si dividono in: annuali, biennali, perenni, bulbose, tuberose e rizomatose. Sono piante perenni (Giacinti, Tulipani, Gladioli, Narcisi, Anemoni, ecc.) che spesso, per esigenze colturali, o per la poca resistenza ai geli, vengono periodicamente estirpate e ripiantate, ma durante l’inverno se sono piantati a dimora non soffrono il gelo.

 Piante da stufa per la decorazione estiva dei giardini. Sono utilizzate nella decorazione estiva delle aiuole e dei tappeti erbosi, devono essere ritirate d’inverno, nel locale ad esse più confacente: stanzone, tepidario, stufa temperata o stufa calda. Sono di facile coltura e moltiplicazione e anche di facile conservazione.

 Piante da appartamento. Le piante che maggiormente resistono nei locali di abitazione ove l’aria è solitamente impura e la luce è offuscata. Per mantenere in buone condizioni queste piante non si debbono collocare accanto ai radiatori del calorifero, alle stufe e neanche esporle alle correnti d’aria fredda. Si procuri che abbiano sufficiente luce diretta, e si evitino sempre i forti sbalzi di temperatura.

Le piante acidofile hanno bisogno di terreni molto acidi. Le più comuni sono ortensie, camelia, azalee, rododendri. Una soluzione per favorirle consiste nell'aggiungere ad ogni secchio d'acqua un bicchierino piccolo di aceto.

Che differenza c'e' tra pianta a radice nuda e con zolla?

Quelle a radice nuda costano di meno e vanno piantate da ottobre a marzo, hanno una riuscita di attecchimento ottimale e a differenza di quelle con la zolla formano l'apparato radicale proprio nel terreno in cui le pianti. Inoltre dato che si piantano nel periodo di riposo vegetativo non necessitano di particolari cure e innaffiature perchè il terreno dovrebbe essere già abbastanza umido.

PIANTE DA APPARTAMENTO

Il genere Kalanchoe appartiene alla famiglia delle Crassulaceae e comprende piante succulente originarie dell'Arabia Saudita, dello Yemen, dell'America tropicale, dell'Africa centro-meridionale, dell'Australia, dell'Asia ma per lo più del Madagascar. Possono essere annuali, perenni, rampicanti o arbustive.

Il genere Kalanchoe comprende 125 specie tra le quali la Kalanchoe blossfeldiana che è una pianta perenne originaria del Madagascar, portata in Italia dal tedesco Blossfeld agli inizi del 1922 che le ha dato il nome. Raggiunge i 30 cm di altezza con foglie succulente, lucide e con i margini dentati e portate da lunghi piccioli.

I fiori sono portati da lunghi steli riuniti a corimbo o a pannocchia; sono tubolari e possono essere di vario colore a seconda degli ibridi: gialli, giallo-arancio, albicocca, rossi, bianchi e con le varie tonalità intermedie.

http://www.elicriso.it/it/come_coltivare/kalanchoe/

Sono piante che hanno necessità di molta luce anche sole diretta. Sotto i 10°C la pianta inizia a dare segni di sofferenza.

In autunno ed in inverno si bagna il terreno solo quando è ben asciutto e tanto più basse sono le temperature, tanto meno si deve dare acqua. Sotto i 10°C le piante vanno tenute completamente asciutte.

Una volta sfiorita gli steli fiorali vanno tagliati sopra il primo paio di foglie e poi rinvasata. Di solito non si pota. Vanno semplicemente eliminate le foglie che via via disseccano per evitare che diventino veicolo di malattie parassitarie.

Una pratica invece normale è la cimatura degli apici vegetativi che consentono alla pianta di rimanere compatta e cespugliosa favorendo inoltre lo sviluppo delle infiorescenze

Se la pianta presenta un aspetto malandato e le foglie appaiono molli, è il classico sintomo di un eccesso d'acqua. far asciugare il terreno e le radici. Vari funghi possono colpire la pianta e si manifestano danneggiando le foglie.

Pinte succulente conosciute come piante grasse.

Con il termine piante grasse si indicano delle specie vegetali in grado di immagazzinare grandi quantità di acqua e di utilizzarle in periodi di grande siccità. Queste piante, in realtà, scientificamente, non si chiamano grasse, ma col termine botanico di succulente. Le piante succulente vengono comunemente definite “grasse”, perché a causa del livello di acqua accumulato presentano componenti vegetativi ( fusto, foglie, radici) piuttosto gonfi e carnosi.

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VARIE

Formiche. L'ideale sarebbe capire da dove entrano in casa e cospargere l'apertura di sale. Altrimenti, disperdere in giro per casa alcuni mezzi limoni tagliati eviterà che le formiche continuino a vagare. Anche la polvere di gesso o il talco risulta moto utile.

Per evitare che le mosche entrino in casa, basta tenere una pianta di basilico sul davanzale

Importante la sarchiatura e la zappettatura, soprattutto la sarchiatura. Le piante estirpate, se non perdono semi si possono lasciarle lì con le radici al sole!

Le erbacce sono indicative delle caratteristiche del terreno. Si possono utilizzare per fare il compost, o lasciarle sul campo dopo l’estirpazione, però prima che giungano a maturazione i semi.

Preparazione terreno: preparare il terreno con alcune settimane d’anticipo rastrellare ogni tanto per far germogliare eventuali semi di erbacce e poterle eliminare.

I pollini presenti nell’atmosfera rappresentano i semi maschili delle piante, liberati nell’aria durante la stagione di fioritura, quando le condizioni meteorologiche sono idonee, per garantire la riproduzione.

Fiori recisi. Immergere i fiori in un vaso riempito d’acqua a temperatura ambiente, avendo cura di non lasciare eventuali foglie immerse nell'acqua, cosa che le farebbe marcire velocemente. Il vaso andrà posizionato in un posto ove potrà ricevere la luce del sole, ma senza subirne i raggi diretti, e in un locale ove sarà possibile avere un buon ricambio d'aria. L'acqua andrà cambiata ogni due giorni, rabboccandola nel frattempo, qualora il livello dovesse scendere. Circa una volta al giorno è consigliabile prendere i gambi e tagliarne circa un centimetro, affinché i fiori riescano a nutrirsi meglio; il taglio va effettuato a 45 gradi, in modo da aumentare il più possibile la superficie in grado di assorbile il nutrimento. Altro consiglio importante è quello di non lasciare il vaso di fiori vicino a della frutta: pare infatti che la frutta secerna etilene, che concorre a far non far germogliare le gemme e a far appassire prima la pianta. Ogni volta che si cambia l'acqua possiamo inoltre aggiungere una puntina di zucchero, che la pianta assorbirà, assumendo così più nutrimento.

I lavori da svolgere durante i mesi invernali servono per preparare il terreno alle coltivazioni della stagione successiva. Una volta che il terreno sia stato liberato dalle ultime coltivazioni è meglio iniziare con una bella vangatura. Prima bisogna eliminare tutte le infestanti in modo tale da evitare di interrarne i semi durante la lavorazione del terreno; inoltre non bisogna tagliare  gli stoloni della Gramigna con la vanga, altrimenti si moltiplicheranno in tarda primavera, invadendo l’orto.

La neve è molto positiva per il suolo, in particolare nel migliorare la sua struttura e renderlo più soffice. Quando la nevicata si posa come una coperta fredda sul terreno, i semi che restano sotto la neve sono protetti dal gelo (effetto igloo). Col tempo aumenteranno le temperature e andrà a sciogliersi in acqua goccia dopo goccia. In questo modo il terreno riesce a trattenere al meglio l’acqua e ad accumularla perché sia disponibile alle piante in futuro. Questo passaggio è molto utile a strutturare il terreno, che viene lavorato naturalmente dall’alternanza tra freddo e disgelo.

La vangatura, deve essere svolta in un periodo relativamente asciutto altrimenti lavorare di vanga diventerà disagevole oltre che estremamente faticoso. Bisognerebbe sempre evitare di lavorare i terreni bagnati così come il calpestarli. Oltre al fatto che la terrà tende ad appiccicarsi irrimediabilmente su attrezzi e stivali, il comprimere il terreno bagnato farà si che si formi uno strato estremamente duro e praticamente impermeabile che sarà poi difficile da lavorare.

Il gelo e la neve invernali sminuzzeranno le zolle e il terreno avrà la possibilità di aerarsi e sarà nelle condizioni ottimali per essere uniformato con una motozappa in primavera; prima di iniziare l’aratura o la vangatura, è bene spargere del concime organico, preferibilmente stallatico maturo, e solo successivamente lavorare il terreno; questo farà si che il concime venga interrato migliorando ulteriormente la qualità dei terreno.

IL LETAME

La differenza tra letame bovino ed equino deriva dal fatto che il bovino è un ruminante e gli equini no. Vanno entrambi apportati quando sono maturi, ma per l'equino è indispensabile. I bovini con la ruminazione inattivano gran parte dei semi delle infestanti. Se al contrario non lasci maturare quello equino porti nell'orto un bel campionario di malerbe. Gli equini non distruggono i semi con la digestione. Se non è ben maturo viene un erbaio che non si toglie più. Per maturo si intende che deve riposare almeno 9 / 10 mesi.

DILUENTI. Il diluente nitro è molto concentrato e ricco di sostanze volatili, utilizzato nella maggior parte degli smalti escluso quelli che richiedono specificamente diluenti lenti.

L'acquaragia è un solvente grasso utilizzato molto nel campo della verniciatura, la minor volatilità garantisce un tempo di lavorazione maggiore, è un solvente ottenuto da differenti varietà di trementina che è una resina ottenuta dalle conifere.

L'essenza di trementina è il distillato della la parte volatile della resina che si ricava dai larici, viene usata nel restauro pittorico come neutralizzante di altri solventi e viene esso stesso usato come solvente per alcune vernici o cere, (quando asciuga non lascia residui)

l'acetone puro è un ottimo sgrassante, non lascia tracce oleose ne altro. Nel settore del restauro di ceramiche e porcellane, è il solvente da usare per pulire residui di colle sintetiche.

Il solvente nella vernice ha la funzione di rendere fluido il miscuglio di resine e pigmenti (che sono gli elementi funzionali e caratteristici del prodotto) e di permetterne l'applicazione. Una volta applicato il solvente evapora e la vernice forma il caratteristico film.

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Parassiti (funghi)

La ticchiolatura, anche conosciuta come macchia nera, è una malattia fungina che colpisce alcune piante ornamentali e da frutto, in particolare la rosa, il biancospino, la piracanta (pianta spinosa per siepi), il pioppo, il salice, il melo, il pero, il nespolo.

Si sviluppa soprattutto in presenza di un clima particolarmente umido e con scarso ricircolo d’aria, ad una temperatura di 24-25°C.

Gli attacchi di ticchiolatura avvengono in prevalenza in primavera e in autunno, ma possono succedere anche in estati particolarmente piovose e afose.

La malattia colpisce soprattutto le foglie, che si ricoprono, in maniera graduale, di macchie scure, che all’inizio sono piccole ed isolate, ma che diventano in breve tempo sempre più fitte, fino a macchiare completamente la foglia.

Attorno alle macchie, nere o porpora scuro, la foglia si ingiallisce fino a seccare. Dalla pagina superiore della foglia, la malattia fungina si propaga velocemente anche alla pagina inferiore per poi attaccare i rami più esili, e poco dopo quelli portanti fino a contaminare l'eventuale frutto, che si deforma e marcisce.

Se l’attacco è in fase avanzata si può arrivare alla completa defogliazione della pianta e al suo indebolimento, fino alla riduzione dello sviluppo vegetativo e della fioritura. Questo fungo si propaga rapidamente da una pianta all'altra, è quindi bene intervenire rapidamente non appena si notano i sintomi, per preservare le piante ancora sane. Sopravvive all'inverno, come spora, nelle foglie che cadono in terra. Per questo motivo, la miglior cura contro la ticchiolatura è la prevenzione, che si effettua prima di tutto con una adeguata potatura delle piante soggette a questo tipo di problemi, per far circolare meglio l'aria tra i rami. Inoltre è opportuna la rimozione delle foglie e dei frutti infetti caduti sul terreno, avendo cura di distruggere tutto il materiale raccolto.

Aiuta la prevenzione di tutte le malattie fungine in generale, anche un'adeguata irrigazione in modo che la pianta abbia un buon drenaggio, al fine di evitare pericolosi ristagni. Se si ha la cautela di irrigare il giardino nelle prime ore della mattina, (che sarà più agevole con un impianto di irrigazione automatico) anziché la sera, le foglie non rimarranno bagnate a lungo, scongiurando anche in questo modo l'insorgere del problema. Ovviamente è bene evitare di bagnare direttamente le foglie durante l'irrigazione manuale, ma direzione il getto sulle radici.

La soluzione più usata sono i trattamenti con poltiglia bordolese o altri prodotti a base rameica, da effettuarsi in fase di riposo vegetativo, che danno ottimi risultati anche in caso di sintomi già presenti.

L'oidio è una patologia funginea che si manifesta sulle foglie delle piante colpite con una efflorescenza biancastra, di aspetto polverulento. Successivamente le macchie biancastre necrotizzano a partire dalla parte centrale con accartocciamento della nervatura principale e morte di estese porzioni fogliare, con conseguente deperimento generale delle piante. Trattamenti fatti in maniera preventiva, o curativa, con prodotti a base di zolfo evitano l'insorgere di questa malattia.

Lo Zolfo costituisce senza dubbio il prodotto "principe" nella difesa antioidica. La sua azione si differenzia dai comuni anticrittogamici "sistemici" in quanto non penetra nel tessuto e nella linfa delle piante e quindi non causa tossicità e resistenza.

I prodotti di difesa non dovrebbero mai essere nebulizzati sui fiori aperti perché potrebbero causare delle ustioni (i petali e gli organi fiorali normalmente sono molto più delicati delle foglie), è sempre consigliabile somministrare i concimi nelle ore più fresche della giornata e mai nelle ore più calde.

Peronospora                                                                                 

La malattia rientra nella categoria delle malattie trofiche in quanto causata da organismi parassiti che sottraggono risorse trofiche alla pianta ospite per mezzo di rapporti anatomici e fisiologici abbastanza stretti.

La malattia è causata da un fungo della famiglia delle Peronosporaceae: colpisce in prevalenza la vite e alcune piante orticole, si può trovare anche sulle rose e su molte piante ornamentali. Col termine di peronospora si indica genericamente una malattia delle piante causata anche ad altri generi, sia della famiglia Peronosporacee che della famiglia Piziacee.

 Colpisce le foglie e si manifesta con delle macchie traslucide, che sembrano di olio, sulla pagina superiore, che spesso vengono seguite, in corrispondenza sulla pagina inferiore, da macchie di muffa giallastra, soprattutto se l'umidità è elevata.

Con il procedere del tempo la malattia si diffonde ai boccioli dei fiori e ai germogli, i tessuti colpiti da peronospora disseccano e cadono.

Prima della caduta sulle foglie il fungo rilascia delle oospore, che rimangono sulle foglie cadute, dove passano l'inverno, e infettano le piante l'anno successivo.

Difficilmente si può arrivare alla morte dell'intera pianta, però ovviamente si ha un forte deperimento della vegetazione, accompagnato da scarsa produzione di fiori e di frutti.

Questa malattia è favorita dall'elevata umidità e dalle temperature primaverili, si procede a trattamenti preventivi, irrorando le colture con prodotti specifici contro la peronospora come la poltiglia bordolese, o prodotti a base di rame. Questi prodotti sono utili anche per contenere l'infezione già in atto. Ho notato che, una bella irrorazione con la poltiglia bordolese all’inizio dell’inverno, prima della fioritura e subito dopo è molto utile per sconfiggere questo fungo, contrariamente a quanto consigliato da più parti, visto che le spore passano tranquillamente l’inverno.

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Le lumache possono sembrare animaletti graziosi, amano ambienti freschi e ombreggiati; si muovono preferibilmente di notte, quando possono divorare indisturbati germogli e giovani piantine, soprattutto sono in grado di rovinare il raccolto di insalata verza e cavoli. Particolarmente voraci sono le lumache senza la chiocciola, cioè le limacce, che diventano innocue in caso di clima caldo e siccitoso.

Per allontanare le lumache si può ricorrere sia a rimedi naturali che chimici, quest’ultimi tuttavia contengono sostanze dannose. Si possono spostarle manualmente posizionandole lontano dall’orto. Tra i rimedi naturali più efficaci c’è il sale grosso: basta creare delle strisce di sale lungo l’area della nostra zona coltivata. Per garantirne l’efficacia è necessario sostituire spesso i grani, in quanto tendono a sciogliersi con l’umidità, tuttavia può innalzare la salinità del terreno rendendolo inospitale per le coltivazioni. Per questo motivo si può usare il sale grosso solo in zone non coltivabili del terreno come i margini delle aiuole.

Altri rimedi naturali consistono nel creare una barriera protettiva con fondi di caffè, cenere, gusci d’uovo e segatura.

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Non è facile liberarsi dei topolini che possono invadere le case. Non è sempre detto che un gatto aiuti, perché occorre trovare il gatto giusto.

La domesticazione del gatto derivò dalla necessità di difendere i granai dagli assalti dei topi. Gli egizi tenevano i gatti in grandissima considerazione proprio per la loro abilità di cacciatori.

Anche i gufi sono ottimi cacciatori di topi. Purtroppo i gufi non sono animali domestici e devono scegliere liberamente il luogo in cui nidificare.

I topi più o meno affamati possono mangiare qualunque cosa, come per esempio giornali, libri e carta in genere, fino alle etichette delle bottiglie vecchie. Se la fame è molta possono rosicchiare anche il legno delle mensole, la paglia delle damigiane, e simili.

La pianta principale, tra quelle che hanno una spiccata proprietà repellente per i topi, è la ruta; per questo i contadini usavano tenere un mazzetto di ruta nelle cantine.

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Il ghiro (Glis glis) appartenente alla famiglia Gliridae; è l'unica specie del genere Glis. è un piccolo roditore arrampicatore, lungo circa 30 centimetri di cui 13 (circa) di coda, pesa in media 100 grammi. è generalmente notturno: di solito esce dal proprio nascondiglio poco dopo il tramonto per poi ritornarvi prima dell'alba. La dieta del ghiro è basata essenzialmente sui vegetali, è costituita principalmente da castagne, ghiande, nocciole, bacche, frutti di bosco; in autunno vengono consumati anche i funghi. Una minima parte dell'alimentazione del ghiro può comprendere anche animali, in particolare alcuni invertebrati (insetti e molluschi).

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Il mais (Zea mays) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Poaceae o Graminacee che sono piante angiosperme monocotiledoni (vedi termini) ; non si conosce la pianta spontanea di origine, pertanto le sue origini sono incerte; l'arrivo del mais in Europa è legato a Cristoforo Colombo che inizialmente lo portò da Cuba nel 1493.

I mercanti lo portarono dalla Spagna in Italia e poi in altri paesi europei. Dapprima fu coltivato solo a scopo di studio, ma già prima del 1550 era coltivato in campo nel Veneto. Passò poi in Friuli e qui la sua presenza è documentata dal 1580, per diffondersi in seguito in tutta l'Italia.

Il mais diventò una coltivazione molto usata grazie alla sua maggiore produttività rispetto agli altri cereali e sostituì in particolare il sorgo, il miglio, la segale ed il grano saraceno, diventando il cibo delle classi più povere.

Però questo cereale possiede le vitamine del gruppo B ed in particolare la vitamina PP, in una forma che non può essere assorbita dall'intestino umano, se non dopo trattamenti particolari (i Messicani, che sono grandi consumatori di mais, per produrre la farina delle tortillas lo trattano con alcali) e pertanto, se consumato in abbondanza, può causare una grave malattia chiamata Pellagra. 

Nell’Universita' di Purdue nello stato dell'Indiana - U.S.A. (e dove se non?) hanno identificato con precisione quali sono le caratteristiche ottimali per la migliore capacità di esplodere del chicco di mais e formare il popcorn. La caratteristica che più influenza le capacità esplosive del popcorn sembra essere la struttura e la composizione del pericarpo, cioè del guscio esterno del chicco, composto principalmente da cellulosa e da arabinossilano, un polisaccaride. L'interno del chicco invece, l'endosperma, è composto principalmente di amido.

l pericarpo del mais per popcorn è più duro di quello del normale mais, durante il riscaldamento il chicco si trasforma in una piccola pentola a pressione. Il pericarpo conduce molto bene il calore, riscaldando velocemente l'endosperma e l'acqua di cui e' composto. Quando la temperatura all'interno del chicco aumenta e supera la temperatura di ebollizione, l'acqua del pericarpo si trasforma in vapore. La struttura esterna del guscio ne impedisce la fuoriuscita facendo aumentare la pressione interna. Il vapore intrappolato ammorbidisce le proteine e l'amido contenuto fino a quando la pressione interna diventa troppo elevata, (anche 7 atmosfere, molto più di una normale pentola a pressione). A quel punto il chicco esplode, liberando all'esterno l'amido bianco che può essere salato ed eventualmente unto con un poco di burro fuso.

I tutoli del mais (la parte della pannocchia che regge i semi) bruciavano molto bene ed avevano un ottimo potere calorifico, venivano usati nella stufa, ed erano ottimi per lo scaldaletto perché producevano molte braci e poca fiamma, sono il combustibile ideale per cuocere la carne alla brace.

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Lsuccessione di Fibonacci, il numero aureo e la spirale.

Leonardo Pisani, conosciuto come Fibonacci, matematico nato a Pisa nel 1170, introdusse la famosa successione di numeri interi nella quale ogni numero è la somma dei due precedenti:

1,  1,  2,  3,  5,  8, 13,  21,  34,  55,  89, 144,  233,  377,  610,  987, 1.597,  2.584,  4.181,  6.765, 10.946, 17.711, 28.657, ...

Il rapporto tra qualunque numero della serie e il suo precedente tende a 1,61803398874989484820458683436563811 (è un numero irrazionale, cioè la parte decimale è infinita e non forma una sequenza periodica) si chiama  φ e si legge phi (fi) dalla prima lettera del nome di Fida, lo scultore greco che lo aveva utilizzato un rapporto analogo per costruire il Partenone, in genere viene semplificato in 1,618 il numero aureo della sezione aurea che è una delle costanti matematiche più antiche e segreto dell’armonia delle opere d’arte, è un rapporto tra grandezze tale che la parte maggiore sia il medio proporzionale tra la parte minore e il tutto.

cosa lega la matematica alla natura? Ad esempio, il numero dei petali nel 90% dei fiori segue la successione di Fibonacci: 1 petalo la Calla, 2 l'Euphorbia milii; 3 petali per l’Iris, i gigli5 per la Rosa Canina, la prima rosa ad apparire sulla terra, ma anche il garofano in origine, il Gelsominoper il Fior di Loto, 21 il fiore della cicoria, 34 per le Rose più comuni e i Girasole, 55 per le Peonie.

Visto che sono sadico, vi tolgo ogni poesia svelando che i petali della margherita sono il numero della successione 21 quindi se iniziate con m’ama finirete con m’ama, mai iniziare con non m’ama perché finirete con non m’ama.

Dalla successione di Fibonacci si ricava la spirale di Fibonacci che è l'origine della spirale aurea che alla base ha due quadrati di lato 1, che sono la base per la costruzione del rettangolo aureo, questa spirale è richiamata nella struttura di molti fiori e molte altre “creazioni” della natura come le conchiglie, le pigne, i cavoli, la molecola del DNA fino alle galassie. E' il "segreto" dell'armonia di molte opere architettoniche ed artistiche a partire dalle Piramidi, il Partenone, anche Monna Lisa è inseribile in una spirale aurea.

Anche il corpo umano è molto "aureo" a cominciare dagli arti: le lunghezze di braccio e avambraccio, così come coscia e gamba, sono in rapporto 1,618 altezza e larghezza del viso, ecc. ecc.

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Un pò di chimica

Le piante per crescere e produrre hanno bisogno di molte sostanze che si trovano comunemente in natura, ma può essere necessario integrarle utilizzando sostanze naturali ricche di elementi utili.

Nella cenere di origine vegetale gli elementi maggiormente presenti sono calcio (25-40%) che contribuisce alla formazione dello “scheletro” della pianta;, potassio (5-30%) ruolo attivo nella sintesi delle proteine vegetali, fortifica la pianta; fosforo (1,3-30%): è la sostanza che contribuisce alla funzione clorofillianae; magnesio (1,3-16%) e molti altri microelementi quali boro, rame, zinco, manganese, fluoro, iodio e bromo in quantità ancora minori. Non sono presenti invece l'azoto, lo zolfo e la materia organica che si dissolvono con la combustione.

La cenere è un ottimo complemento nei cumuli da compostaggio dove i componenti principali sono appunto l'azoto che è assente nella cenere, il ferro e altri microelementi. Attenzione: va usata solo la cenere proveniente da legname da ardere, evitando quella prodotta dalla combustione di legni verniciati o trattati con altri elementi chimici come il flatting. Si può usare la cenere di carbonella, ma non quella proveniente da carbon fossile perché contiene quantità elevate di metalli.

I gusci delle uova sono prevalentemente composti di carbonato di calcio che è utile contro marciume apicale pomodori, si sbriciolano e si aggiungono direttamente al terreno o al compost, ma si decompongono e quindi rilasciano il carbonato di calcio in tempi lunghissimi.

Scorze di agrumi e bucce di banana apportano potassio. Le bucce di banana sminuzzate o fatte seccare oppure macerare per 2 settimane si possono usate diluite anche a spruzzo.

I fondi caffè contengono fosforo, magnesio, potassio e rame e sono utili per acidificare il terreno

Le alghe sono ricche di elementi nutritivi, potassio, vitamine ed enzimi che favoriscono la crescita delle piante, si raccolgono sulla spiaggia e si sciacquano e fanno macerare per due mesi. Diluire 1 a 3 parti d'acqua.

Le piante hanno bisogno di una elevata quantità di nutrienti che prendono prevalentemente dal terreno. Si dividono in macronutrienti e micronutrienti. I macronutrienti primari sono azoto (N), fosforo (P), potassio (K);i macronutrienti secondari sono calcio (Ca), magnesio (Mg) e zolfo (S). I micronutrienti sono quei nutrienti di cui le piante hanno bisogno quindi in quantità minori (boro, manganese, rame, zinco, molibdeno, ferro).

 AZOTO (Simbolo N) È la sostanza che serve per l’accrescimento delle piante però in quantità eccessive aumenta la crescita delle foglie a discapito dei frutti; quindi è indicato nella coltivazione degli ortaggi da foglia, come insalata, spinaci, bieta e simili. Negli ortaggi da frutto (pomodori, melanzane, peperoni) è utile nelle prime fasi di crescita ma poi dall’inizio della fioritura si devono preferire concimazioni più ricche di Fosforo e Potassio. Inoltre una quantità troppo elevata di azoto può stimolare eccessivamente la crescita e lo sviluppo di una pianta rendendola meno resistente alle malattie.

L’azoto è presente in grandissime quantità disciolto nell’aria (80%), negli escrementi degli animali (lo stallatico più pratico è in forma di pellet). Le radici delle leguminose (soia, pisello, fagiolo, fava, erba medica, trifogli, ecc.) hanno la capaciti di fissare in terra l’azoto presente nell’aria, quindi sono molto utili come componenti del compost.

 FOSFORO (Simbolo P) È un elemento basilare per le piante, è la sostanza che contribuisce alla funzione clorofilliana che agevola la lignificazione dei nuovi rami, la fioritura e relativa maturazione dei frutti oltre che un miglior sviluppo dell’apparato radicale. ottimo concime a base di fosforo è la farina di ossa, ma anche la cenere di legna contiene fosforo.

POTASSIO (Simbolo K) È la sostanza che svolge un ruolo attivo nella sintesi delle proteine vegetali e aiuta a regolare il flusso di acqua attraverso la pianta, favorisce e migliora il sapore, il colore e la consistenza dei frutti; incide sulla produzione di zuccheri. La carenza di questo elemento può provocare clorosi ed ingiallimenti lungo i margini delle foglie, che presentano anche caratteristici arricciamenti ed accartocciamenti. I fusti delle piante affette da carenza di potassio hanno un minor grado di lignificazione, aiuta le piante a resistere al freddo, alla siccità e all’attacco dei parassiti. Le piante presentano una minor produzione dei fiori, che hanno anche colori meno brillanti.

Nel compost l’apporto di potassio è garantito dalle bucce di banana, le scorze d'arancia, di limone, le bietole, gli spinaci ed i pomodori, ma l’aspetto negativo è che i suoi elementi sono solubili in acqua, questo aspetto rende il nutriente disponibile per le piante, ma significa anche che è più probabile che venga lavato via dal cumulo durante i periodi di forti piogge.

Un sistema per aggirare il problema è sotterrare direttamente nel terreno alla base delle piante le bucce di banana, le scorze di limone e arancio. Anche la farina di alghe è ricca di potassio facilmente assorbibile.

CALCIO (Simbolo Ca) svolge una importante funzione nutritiva contribuendo alla formazione cellulare dei tessuti vegetali e alla robustezza del fusto, delle radici, dello stelo e della altre parti della pianta: contribuisce alla formazione dello “scheletro” della pianta e senza questa sostanza, le specie vegetali non riuscirebbero a mantenere un portamento dritto e robusto. È un fertilizzante fondamentale per molte piante ma non per tutte; viene somministrato quindi solo ai terreni che ne difettano o per coltivazioni di piante con specifiche esigenze. È più facile arricchire di calcio un terreno povero che eliminarlo da un terreno che lo contiene e su cui si intende coltivare piante che non lo desiderano. Le piante che non amano il calcio, quando lo trovano sul terreno, si ammalano di un disturbo chiamato clorosi, per cui le foglie ingialliscono e la pianta soffre. È presente nei gusci delle uova, quindi quando si mettono piante che richiedono apporto di calcio conviene aggiungerli, opportunamente sbriciolati, nello scavo. Le piante che lo gradiscono sono i pomodori, specialmente le varietà soggette al marciume apicale (San Marzano, Cuore do bue ecc.), le leguminose, mentre le specie acidofile (come azalee, rododendri, camelie ed ericacee) non crescono bene o non crescono affatto in terreni ricchi di questo elemento (terreni calcarei)

FERRO (Simbolo Fe) È la sostanza che insieme al magnesio rappresenta un componente principale della molecola della clorofilla. Quindi il ferro è un minerale fondamentale per lo sviluppo delle piante e, se non riescono a trovarlo o ad assorbirlo dal terreno, cominciano a non riuscire a produrre altra clorofilla, assumendo un caratteristico colore sempre più chiaro, fino ad avere delle foglie quasi gialle; tale problema viene chiamato clorosi. Il ferro è in genere sempre presente nel terreno, considerando anche il fatto che alle piante ne necessita una quantità abbastanza modesta. In genere si può irrorare il terreno con del concime a base di ferro in forma liquida, in primavera, ovvero quando le piante sono in pieno rigoglio vegetativo, e sicuramente la loro richiesta di ferro è maggiore.

MAGNESIO (Simbolo Mg) È la sostanza che insieme al ferro rappresenta un elemento essenziale della molecola della clorofilla.

RAME (Simbolo Cu) partecipa alla produzione della clorofilla oltre che essere un costituente di molti enzimi necessari alla regolazione dei processi vitali della pianta.

MANGANESE (Simbolo Mn) entra nella formazione della molecola della clorofilla.

ZOLFO (Simbolo S) È uno dei componenti degli aminoacidi e delle proteine; è la sostanza che concorre al sapore di molti ortaggi e frutti.

BORO (Simbolo B) È una sostanza che partecipa, insieme con altri elementi, alla formazione di fiori, frutti e radici.

ZINCO (Simbolo Zn) È una sostanza che serve per la formazione e lo sviluppo dei semi.

MOLIBDENO (Simbolo Mo) È una sostanza che serve allo sviluppo e alla crescita delle piante; rispetto alle sostanze precedenti è quella che nel terreno e nelle piante è contenuta in minore quantità; solo le leguminose utilizzano una quantità relativamente elevata di molibdeno.

 

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Il pH

In genere le piante prediligono un pH (concentrazione di ioni H+) tendente al neutro, cioè compreso tra i valori di 6 – 7,5; i terreni che possiedono un pH acido ovvero tra 5,4 e 5,9 sono generalmente poco fertili, queste particolari condizioni inibiscono anche l’attività batterica e fungina, organismi essenziali per la decomposizioni delle sostanze organiche, però alcune crescono meglio con valori di pH inferiori 6 (piante acidofile) altre con valori di pH superiori al 7 (piante basolife).

le piante acidofile più comuni sono: i mirtilli, le ortensie, le camelie, i rododendri, le azalee, le magnolie, eriche, gardenie, mimose, gigli, felci, abeti, aceri, sequoie, faggi, castagni e mimose.

il primo segno evidente della sofferenza per le piante acidofile è l’ingiallimento delle foglie (clorosi ferrica). Ciò è dovuto allo scarso nutrimento che la pianta riesce a ricavare dal terreno attraverso le radici e al basso assorbimento di ferro che limita la produzione di clorofilla.

Per abbassare il pH (acidificare il terreno): possibile utilizzare i fondi di caffè e i liquidi naturali aggiungendo 1 cucchiaio di aceto ogni litro d’acqua oppure il succo di mezzo limone o di arancia, o pomodoro, anche irrigazione con acqua piovana aiuta.

I prodotti acidificanti chimici sono a base di zolfo, anche il solfato di alluminio è un additivo molto usato nella coltivazione delle ortensie, tale sostanza è aggiunta al terreno in fase di fioritura, per acidificare il terreno e ottenere fiori di un azzurro più vivo.

È possibile aumentare il pH utilizzando della cenere, ottenuta con la bruciatura dei residui delle coltivazioni (rami, paglie, foglie, ecc.), in questo modo gradualmente otteniamo l’azione alcalinizzante ma anche quella altrettanto importante dell’apporto di sali minerali (soprattutto potassio) senza l’ausilio di concimi chimici, si può anche incorporare nel terreno della calce

Per effettuare l’analisi del pH del terreno sarà necessario prelevare nella parte centrale a circa 20 centimetri circa il campione di terra che verrà ripulito da pietre, parti grossolane, radici e quant’altro, per questa operazione è possibile aiutarsi anche con un piccolo setaccio a maglie medie. Ora che il campione è pronto andrà unito a due parti di acqua distillata e mescolato all’interno dei contenitori di vetro. La terra verrà poi lasciata sedimentare e quando si sarà depositata sul fondo potremmo effettuare la misurazione con la cartina tornasole seguendo le istruzioni contenute sulla confezione e verificando il grado di pH attraverso la colorazione assunta dalla carta. E’ possibile per avere un risultato più accurato effettuare più prelievi e più misurazioni.

Il Ph è il logaritmo decimale negativo della concentrazione di ioni di idrogeno H+ di una soluzione acquosa: è una scala che ne misura l'acidità o la basicità.

 

Suolo 4.5-5.5

Suolo 5.5-6.5

Suolo 6.5-7.5

Azalea

Carota

Spinacio

Mirtillo

Crisantemo

Cipolla

Camelia

Grano

Lattuga

Finocchio

Cetriolo

Barbabietola

Gardenia

Pisello

Asparago

Patata

Fragola

Cavolo

Rododendro

Pomodoro

Soia

More Zucche Rose
  Peperoncini Aglio

 

Bulbose Ribes

pH 0 acido cloridrico; 1-2 succhi gastrici; 5 caffè; 7 acqua distillata; 8,31 bicarbonato di sodio; 11,5 ammoniaca; 12,5 varechina; 13,5 lisciva; 14 idrossido di sodio

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COMPOSTAGGIO

Un ettaro di suolo fertile, fino a una profondità di 30 centimetri, può contenere più di sette tonnellate di esseri viventi (batteri, funghi, protozoi, alghe, nematodi, anellidi, insetti), sono loro che degradano le sostanze organiche in sostanze nutrienti e anidride carbonica e trasformano l’azoto organico ed inorganico in sali di azoto, assimilabili, a loro volta, dalle piante.

Le grandi molecole organiche presenti nei vegetali (amidi, zuccheri, cellulosa, resine, oli...) diventano cibo per i batteri e per altri micro organismi che dalla degradazione di queste molecole, a base di carbonio, traggono energia. Grazie alla loro attività, il carbonio e l’idrogeno organico si legano all’ossigeno atmosferico formando anidride carbonica ed acqua. Da questa reazione si libera energia che, in parte, i micro-organismi stessi utilizzano per le loro funzioni vitali ed in parte è dispersa nell’ambiente, sotto forma di calore.

Per riprodurre queste condizioni bisogna avere un rapporto Carbonio/Azoto (C/N) uguale a 20, significa che, per ogni grammo di Azoto, ci devono essere 20 grammi di Carbonio.

Se vi è troppo carbonio (C/N maggiore di 30) il processo di compostaggio sarà estremamente lento. Se nella miscela c’è troppo azoto (C/N minore di 20), gran parte dell’azoto, reso inutile, perché eccedente le necessità, sarà perso, provocando cattivi odori.

Per ottenere un prodotto equilibrato bisogna mescolare sempre due parti di scarti “verdi” che devono essere sminuzzati il più possibile, con una parte di scarti “marroni”: che sono potature, foglie secche, paglia e trucioli di legno, anche cartone spezzato grossolanamente e carta tagliata a strisce;

Tra uno strato e l’altro di materiale compostabile inserire uno strato sottile (1-2 centimetri) in base alla disponibilità, con compost maturo, terriccio, stallatico; il cumulo si finisce con una copertura, su tutta la superficie, di paglia, erba secca, foglie secche.

I microrganismi utili per il compostaggio, si trovano dappertutto, nel terreno fertile che non ha subito trattamenti chimici e nel terreno del sottobosco.

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Materiali che si possono inserire in un composter

Ø      Rami e foglie, opportunamente triturati.

Ø      Erba, possibilmente secca, per evitare che compatti troppo il materiale nel composter.

Ø     Erbacce estirpate dal giardino; per evitare che i semi rimangano vivi nel compost è bene inserirli al centro della massa, in modo che raggiungano le temperature maggiori.

Ø      Fiori secchi.

Ø      Avanzi di frutta e verdura, bucce, scarti.

Ø      Gusci d'uova tritati, in modo che vengano decomposti più facilmente.

Ø      Avanzi di cibo cotto; è bene aggiungerne in quantità esigua, per evitare che attirino topolini o mosche.

Ø      Fondi ti caffè e tè.

Ø      Carta, possibilmente non stampata.

Ø      Cenere di legna, in piccola quantità.

Ø      Gli aghi di pino abbassano il ph del compost, neutralizzare l’eccessiva acidità con calce o cenere di legna.

 

Materiale da non mettere nel composter

-         Le erbacce come la gramigna che si propagano per parti di rizomi

-         Qualsiasi tipo di materiale plastico.

-         Cenere di carbone.

-         Contenitori in tetrapak.

-         Carta stampata, anche se a volte alcuni fogli di giornale possono essere utili.

-         Vetro, Ceramica, Alluminio e metalli in genere.

-         Ossa; il tempo necessario a decomporle è troppo alto.

-         Tessuti sintetici o comunque tinti. 

 

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