tltolo

Erroneamente tendiamo a pensare che Soia e mais transgenici, che sono gli OGM più largamente prodotti e diffusi, non facciano parte della nostra dieta; al contrario sono presenti, come cibi fantasma (spesso non indicati sulle etichette), in migliaia di prodotti confezionati.

Impollinazione e ibridazione naturale

L'impollinazione più comune è quella incrociata che si verifica quando il polline viene trasferito dal vento (piante anemogame) dagli insetti (entomogame) o tramite animali (zoogame) da un fiore maschile ad un femminile. I fiori dei due generi a loro volta possono esistere sulla stessa pianta (monoica) o piante diverse (dioica).

L’autoimpollinazione si ha quando avviene l’impollinazione diretta del pistillo di un fiore da parte del polline del medesimo fiore,  nei fagioli il trasferimento di polline avviene all'interno del un fiore prima ancora che si apra. Quindi, prima che il fiore sbocci è già stato impollinato. Questo comporta una facilità nel mantenere la purezza della genetica dei frutti: due diverse varietà di fagioli vicine non possono produrre semi ibridati.

Queste nozioni sono importanti per mantenere le caratteristiche delle varietà evitando l’ ibridazione che può portare a piante dalle caratteristiche diverse e quasi sempre peggiorative delle due originali.

L’ibridazione avviene quando varietà della stessa specie (ed a volte di specie diverse) si riproducono mescolando il patrimonio genetico, in questo caso si potrebbero perdere alcune caratteristiche fondamentali della varietà selezionate. A seguito di ibridazioni spontanee si sono formate nuove varietà, ma i risultati positivi non sono assicurati.

Solitamente, le piante dello stesso genere ma specie diverse, non si incrociano. Tra le zucche, ad esempio, una Cucurbita pepo (zucchino) non si incrocerà facilmente con Cucurbita moschata (Trombetta d'Albenga o Moscata di Provenza) o Cucurbita maxima (Marina di Chioggia).

Cultivar

Ibridi - CMS - OGM (Sintesi) Ibridi e CMS OGM

 

Col termine cultivar (abbreviato in cv.) si intende una varietà di pianta coltivata, ottenuta con il miglioramento genetico, che riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e merceologici di particolare interesse e trasmissibili con la propagazione, sia per seme sia per parti di pianta. Da un punto di vista pratico, la cultivar sarebbe analoga alla razza di una specie animale realizzata con la domesticazione e la selezione.

Il termine cultivar (sostantivo femminile) deriva dalla contrazione della locuzione inglese cultivated variety ("varietà coltivata"), a sua volta calco del latino varietas culta, ed è stato ufficialmente adottato nel 1952.

In agronomia si usa spesso il termine di cultivar come sinonimo di varietà. L'uso è tuttavia improprio in quanto varietà va riservato esclusivamente all'accezione botanica del termine e fa quindi riferimento ad un particolare tipo genetico che, nell'ambito di una specie, si è selezionato e propagato spontaneamente.

Le cultivar vanno distinti dagli ibridi commerciali, che sono piante ottenute con il miglioramento genetico.

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IBRIDI - CMS - OGM

L’agricoltura (e non solo) è una storia di modifiche e mutazioni genetiche. Per 8000 anni si è sempre proceduto a modificare il corredo genetico delle piante per migliorarle, poi il miglioramento è diventato un’attività scientifica e i genetisti si consideravano dei benefattori dell’umanità. Poi si è passati a forzare la fusione delle cellule che mai si sarebbero fuse, con stimolazione elettrica o chimica e ora è stato introdotto un semplice ulteriore strumento d’uso, che è la transgenesi che modifica in modo mirato, controllato e verificato un solo gene per volta. Inoltre si cerca di impedire all’agricoltore, una volta comprata una varietà, di riprodurre il seme da usare negli anni successivi, prelevandolo dalla sua produzione e quindi esimersi dal comprarlo perché ne andrebbe del ritorno economico che il costitutore varietale deve ricevere per il suo lavoro di originale creazione, anzi in questo caso il progresso che, stando a questa teoria del cavolo (non nel senso di ortaggio) che ho trovato sulla rete, va ad esclusivo vantaggio della produzione e del reddito dell’agricoltore (le multinazionali sono enti benefici...), si arresterebbe per interruzione della ricerca non avendo più  il sostengono economico dei produttori.

Molto tempo prima della scoperta della manipolazione genetica, molti agricoltori miglioravano le proprie colture con quello che oggi è definito "processo tradizionale". Il processo consiste nell'incrociare tra loro i migliori, i più grossi, i più belli e i più gustosi esemplari di una determinata specie in modo da ottenere una pianta o un animale dalle qualità ancora più marcate. Nel processo tradizionale si possono scambiare caratteristiche esclusivamente tra specie uguali o molto simili. La manipolazione genica, invece, permette di incrociare le caratteristiche di specie completamente diverse, addirittura piante con animali.

 Le radiazioni e le sostanze chimiche provocano un'alterazione genetica. A volte si ricorre ad entrambi i metodi per ibridare le piante.

Il miglioramento genetico delle piante non è altro che una modifica di certe caratteristiche delle piante coltivate affinché esse possano rispondere meglio ai bisogni dell’uomo. Quindi i dubbi sorgono non sul concetto in se che queste tecniche propongono, ma su cosa, come e perchè si interviene.

Gli ibridi hanno origine in una pratica agraria antichissima che favorisce l’impollinazione tra vegetali “parenti” per favorire il potenziamento di alcune caratteristiche “positive” a discapito di altre “negative” senza forzature definiamole “brutali”.

Prendendo in considerazione un solo gene che si trova nella pianta in forma eterozigote “Aa” (”A” maiuscolo è il gene in forma dominante e “a” minuscolo è l’allele recessivo) vale a dire che nella pianta Aa compare solo il carattere A (es. colore rosso del fiore) e non il carattere “a” (es. colore bianco che, invece, viene coperto). La pianta quando fiorisce produrrà polline che sarà 50% “A” e 50% “a” e la stessa cosa varrà per gli ovuli del fiore. Pertanto se io autofecondo: il polline “A” può incontrare o un ovulo “A” (e si forma un individuo omozigote AA) o un ovulo “a” (e si forma un individuo eterozigote Aa). In prima generazione dunque si formerà un 50% di individui omozigoti ed un 50% di individui eterozigoti. Ma l’aspetto che caratterizza tutti i fiori degli individui che si generano, per il fenomeno della dominanza del rosso sul bianco, saranno tutti rossi.

CMS significa Ibridi a "sterilità "maschile citoplasmatica, attualmente, non sono considerate come varietà OGM; la vendita dei loro semi, la loro coltivazione e la vendita dei prodotti raccolti non sono sottoposti a nessuna regola applicabile alle varietà OGM.

L’OGM contiene geni provenienti da organismi profondamente diversi con una contaminazione forzata tra regno animale e vegetale. Ad esempio nel granoturco si inserisce il gene prelevato da un batterio che consente alla pianta di difendersi da un lepidottero parassita mediante la produzione di una tossina, molto bene, non si useranno veleni per impedire al lepidottero di danneggiare il raccolto, ma inevitabilmente la tossina entrerà nella catena alimentare.

L'articolo http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2013/agricoltura/MON810-2013-briefing.pdf spiega abbastanza bene la questione, in particolare nel brano che riporto, si capisce quali sono i dubbi collegati all’uso del MAIS OGM MON810

Cos’è il MON810

Si tratta di un evento (trait) transgenico che innesta nel genoma del mais la capacità di produrre una tossina in grado di uccidere alcuni parassiti della pianta. La tossina è una delle numerose varianti tra quelle prodotte da un batterio, il Bacillus turingensis (Bt: per questo si parla di “mais Bt”). In particolare, questa variante (Cry 1Ab) dovrebbe selettivamente uccidere un parassita del mais, Ostrinia nubilalis.

È importante notare che le spore del Bt sono uno strumento utilizzato in agricoltura biologica per combattere gli insetti infestanti. Le “modalità” dell’utilizzo sono tuttavia molto diverse. In primo luogo, le spore del Bt sono utilizzate quando l’infestazione è in corso. In secondo luogo, le spore contengono una pro-tossina, che si attiva in una tossina efficace solo quando la pro-tossina è ingerita da un insetto “target”. Senza questa attivazione, estremamente specifica, la pro-tossina è inefficace.

L’effetto di una coltura di mais Bt è quindi quello di inondare l’ambiente con una tossina attiva che rischia di colpire insetti innocui comprese specie “utili” (ad esempio predatori che controllano le popolazioni di insetti infestanti) e specie a rischio. Inoltre, poiché la tossina è rilasciata nell’ambiente circostante, attorno al campo OGM si crea un “alone” con dosi decrescenti di tossina attiva: le condizioni ideali per far sviluppare una resistenza alla tossina negli insetti “target”. Con la conseguenza di rendere inutilizzabile per gli agricoltori un importante strumento di controllo delle infestazioni cha ha il vantaggio di impatti ambientali praticamente nulli.

Semplificando ecco cosa avviene: una pianta si porta in laboratorio e viene modificata geneticamente introducendo nel suo DNA materiale genetico proveniente da altri organismi viventi del tutto estranei, e con cui mai avrebbe potuto venire in contatto in modo “naturale”. Questa operazione viene chiamata “transgenesi” Insomma, api, pollini, incroci fatti dal contadino (che finora sono sempre stati i sistemi con cui le qualità dei alcune coltivazioni sono state migliorate nei secoli in modo casuale o voluto), nulla hanno a che vedere con questa operazione.

Nel mondo vegetale i risultati delle biotecnologie che sono già in commercio hanno le seguenti caratteristiche:

piante resistenti agli insetti e ai microrganismi;

piante resistenti agli erbicidi;

piante resistenti alle difficoltà climatiche (gelo e siccità);

prodotti conservabili più a lungo;

prodotti dalle migliori caratteristiche alimentari come maggiore ricchezza di macronutrienti e micronutrienti pregiati e minore presenza di sostanze dannose (come l’acido erucico nell’olio di colza).

Le piante scelte per essere modificate sono quelle di coltura intensiva, come ad esempio la soia, il mais, ma anche il cotone, che vengono “fortificate” in modo da renderle resistenti ai parassiti o (più spesso), agli anticrittogamici ed erbicidi. Naturalmente le bio-genetica potrebbe anche creare alimenti più ricchi di nutrienti, come molecole anti-tumorali o che abbassino il colesterolo...

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IBRIDI

l'ibridazione sarebbe un metodo di miglioramento vegetale. Questa consiste nel produrre delle varietà molto omogenee ad alto rendimento partendo da due o tre linee parentali pure (selezionate tra consanguinei di più generazioni).

La procedura utilizzata consiste nel coltivare in luoghi diversi e separati, per più anni, due gruppi di piante. Ad ogni generazione si pratica una selezione, all’interno di ciascuno dei due gruppi, per ottenere ed esaltare un carattere positivo.

Per esempio, immaginando due linee di produzione delle piante di pomodoro, in una si selezionano le piante più resistenti ad un determinato virus, nell’altra quelle che danno una bacca che diventa molto rossa pur rimanendo ancora ben soda. Dopo un congruo numero di generazioni separate, le due linee si incrociano tra loro con procedimenti di impollinazione manuale. In seguito a ciò si crea una generazione di semi (detti F1) che possiedono tutti e due i caratteri.

 Questo miracolo ha però un prezzo (di natura soprattutto economica), queste qualità  non si mantengono che per il tempo di una generazione, la F1 (filial 1). In seguito ogni tentativo di riproduzione è deludente, la generazione seguente F2 diventa così eterogenea e frammentata (disgiunzione dei caratteri) rispetto alla F1 che era così perfettamente omogenea.

 La prima specie vegetale che fu oggetto di questo metodo fu il mais foraggero negli anni '20 negli U.S.A

Questa la teoria. Io volevo provare a piantare i peperoncini tondi, così ho cercato i semi, ma l'unica busta che ho trovato è quella riprodotta in fotografia a sinistra, mi è costata come tre buste di semi "normali" e ne conteneva un numero tre volte inferiore. Ne ho piantato alcuni: a destra il risultato ...

Ibridi a "sterilità "maschile citoplasmatica (CMS) è ultima generazione di ibridi, molto più temibili che la precedente. Per riuscire, l'impollinazione di ogni pianta di una generazione parentale deve avere origine solo partendo dall'altra, senza eccezione. Questo è molto difficile da mettere in pratica per alcune specie, i cavoli per esempio, fino alla scoperta della tecnica di sterilizzazione maschile citoplasmatica.

Di cosa si tratta? In questo caso due cellule di specie diverse sono fuse artificialmente, col fine di fissare completamente la sterilità maschile delle piante così prodotte. Compariranno così piante sterili maschili spontaneamente come carote, cipolle, girasoli e radici giapponesi. Questa caratteristica è trasferita ad altre specie, per mezzo della fusione di una cellula vegetale portatrice di sterilità con quella della specie da sterilizzare. A questo punto si preleva la parete cellulare da ciascuna delle due specie conservandone il loro contenuto plasmatico, la cellula portatrice di SMC è "denocciolata", per trasferire in seguito l'informazione SMC forzando la fusione delle cellule per stimolazione elettrica o chimica. Si costituisce una nuova cellula di cavolfiore con l'informazione genetica (mitocondri) della radice, trasferendo così la sterilità maschile della radice verso il cavolfiore. Le varietà SMC sono pure al 100%, non appare neanche una sola pianta deviante; ma il rovescio della medaglia è ancora più oscuro che per i classici ibridi. Si può affermare che queste varietà sono geneticamente modificate, poiché un elemento del genoma mitocondriale è stato sostituito in modo da non potersi produrre più naturalmente, a causa di un elemento genetico proveniente da un'altra specie. Ma, attualmente, non sono considerate giuridicamente come varietà OGM; la vendita dei loro semi, la loro coltivazione e la vendita dei prodotti raccolti non sono sottoposti a nessuna regola applicabile alle varietà OGM.

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OGM

Il termine Organismi Geneticamente Modificati non è un termine usato dalla comunità scientifica in quanto troppo generico. OGM viene correntemente utilizzato dai media per descrivere solo una particolare modifica del patrimonio ereditario e solo quando questa si applica al mondo vegetale. In realtà esistono molti modi di modificare il patrimonio genetico di un organismo e l’uomo usa molti mezzi da tanti anni per piegare batteri, lieviti, piante ed anche virus alle sue esigenze.

 Non è raro che gli OGM vengano presentati come il rimedio per la fame nel mondo o come un passo verso un'agricoltura rispettosa dell'ambiente. In realtà, gli organismi geneticamente modificati non sono altro che una sfaccettatura di un settore agricolo di stampo industriale, in cui l'uso di erbicidi e pesticidi è molto diffuso. Inoltre, il rilascio di OGM nell'ambiente comporta notevoli rischi, come la perdita di biodiversità, e molti altri addirittura imprevedibili, gli organismi geneticamente modificati non hanno un rendimento superiore a quello delle colture tradizionali. Non sono più sicuri e non resistono alla siccità.

Le piante geneticamente modificate si dividono in GMHT e GMIR: la prima sigla, genetically modified herbicide tolerance, ovvero pianta GM il cui carattere introdotto induce tolleranza a specifici erbicidi ad ampio spettro; la seconda è un’abbreviazione di genetically modified insect resistance, ovvero pianta GM il cui carattere introdotto induce resistenza nei confronti degli attacchi di specifici insetti.

Non esiste un modo per classificare in modo preciso le piante in OGM e non-OGM dal punto di vista biologico e in base solo alle loro caratteristiche. Certamente si possono trovare alcune caratteristiche comuni ad alcuni OGM, ma questa non è̀ una condizione di tutti gli OGM, vi ricadono anche piante che OGM non sono.

Le piante transgeniche nascono intorno agli anni ottanta con la scoperta di un batterio in grado di trasferire materiale genetico nella pianta.

Il batterio è lAgrobacterium tumefaciens. è un batterio del terreno, che contiene oltre ad un suo cromosoma anche un plasmide, cioè un mini-cromosoma in cui sono presenti i geni deputati all’insorgenza del tumore nella pianta. Si è sfruttato questa caratteristica sostituendo tali geni con i geni che si vogliono trasferire e che sono stati isolati mediante un enzima di restrizione che li ha separati dal restante DNA. Gli enzimi di restrizione sono complessi proteici scoperti in alcuni ceppi batterici e capaci di tagliare il DNA in corrispondenza di specifiche sequenze di basi, diverse per ciascun enzima, permettendo così di frammentare il genoma in maniera precisa e riproducibile.

Il batterio così trasformato viene utilizzato per infettare il tessuto vegetale. I tessuti vegetali vengono posti su una piastra contenente terreno nutriente e vengono lesionati affinchè il batterio attacchi la parete cellulare e introduca il plasmide trasformato. Parte del plasmide viene introdotto viene poi trasferito nei cromosomi della pianta dove si inserisce.  Geni presenti sul plasmide permettono la penetrazione nella pianta bersaglio, attivati da sostanze liberate dalle cellule lese e l’inserimento e l’integrazione del DNA nel genoma bersaglio.

 Ma le tecniche che permettono l’inserimento sono svariate, specifiche per vari tipi di pianta: L’elettroporazione consiste nell’utilizzare una soluzione molto concentrata di DNA a cui si aggiunge una sospensione di protoplasti (cellule vegetali prive di parte cellulare) e si sottopone tale sospensione ad uno shock elettrico ad alto voltaggio per permettere al Dna di entrare fisicamente nella cellula. Le cellule vengono lasciate in coltura per permettere loro di rigenerare la parete cellulare e successivamente utilizzare tecniche di selezione per identificare le cellule che si sono trasformate con successo e procedere con le tecniche di crescita.

 Il metodo biolistico consiste nel far aderire il DNA esogeno sulla superficie di microsfere di oro o tungsteno, di 1 micrometro di diametro, che vengono “sparate”, a una velocità intorno ai 500 m/sec, sui campioni da trasformare. Le cellule situate sulla traiettoria diretta di tiro vengono uccise, ma nella zona concentrica vicina i proiettili penetrano nelle cellule senza danneggiarle; nel metodo con PEG (Polietilenglicolie) il DNA plasmidico penetra direttamente nei protoplasti o nelle cellule per assorbimento diretto grazie al PEG che rende permeabili al DNA le membrane cellulari.

La storia degli OGM ha praticamente inizio con la scoperta, da parte del microbiologo svizzero Wener Arber, degli enzimi di restrizione, sostanze di origine batterica che sono in grado di individuare e tagliare frammenti di DNA, vengono anche chiamati forbici molecolari. La scoperta ha aperto la strada alla possibilità di “tagliare e cucire” il DNA permettendo di fatto il mescolamento dei patrimoni genetici di specie diverse fra loro. Il primo OGM è stato ottenuto nel 1973 Sono 4 le piante geneticamente modificate che vengono più coltivate al mondo a milioni di tonnellate e vengono normalmente descritte come “commodity”, appunto per chiarire che si tratta di produzioni industriali. Si tratta di soia (il 57% della soia mondiale è da OGM), mais (25%), cotone (13%) e canola (5%). Sono coltivate nei 5 continenti, in particolare nei grandi Paesi agricoli mondiali come USA, Brasile, Argentina, Canada, India, Cina e Sudafrica. Nel 2007 sono stati coltivati nel mondo oltre 112 milioni di ettari con piante ingegnerizzate.

Mais, soia, cotone sappiamo cosa sono, ma la canola? Canola non e' il nome di una pianta, è la contrazione di CANadian Oil Low Acid (olio canadese a basso tenero di acido), che definisce un olio canadese ricavato dai semi di diverse piante modificate geneticamente della famiglia Brassicaceae (cavoli, senape, rape), vale a dire delle specie botaniche Brassica napus (la colza), Brassica rapa (la rapa) , Brassica campestris (Il ravizzone) con una percentuale inferiore al 2% di acido erucico, in pratica è una varietà di olio di colza, geneticamente modificato e programmato per avere un olio vegetale a basso tenore di acido erucico ricco di omega 3 e fibre. L'olio ricavato dalle rape per l’alta concentrazione (50%) di acido erucico un acido grasso monoinsaturo a 22 atomi di carbonio che non viene metabolizzato, ma si accumula nell’organismo (soprattutto nel fegato e nel cuore) con evidenti risvolti negativi per la salute degli esseri viventi.

Quest’olio, è usato come lubrificante, carburante ecologico, olio da lampade, materia prima per il sapone e la gomma ma è presente anche in cosmetici, inchiostri, oli abbronzanti, tessuti oliati; il residuo che si ottiene dalla frangitura dei semi di canola diventa un mangime per animali ad alto contenuto proteico: è un olio industriale, non è un alimento, lo diventava prima solo dopo processi industriali che toglievano la parte tossica, usando però tecniche la cui tossicità ha creato in passato molteplici problemi, “risolti” grazie dall’ingegneria genetica.  

L’olio di colza è uno degli ingredienti utilizzato da alcune aziende alimentari per sostituire in parte l’olio di palma in biscotti, merendine e snack, per così dire: si crea un mostro mediatico per somministrarne uno reale!

Le prime piante OGM sono state immesse nel mercato nel 1996 dalla multinazionale Monsanto. Tre paesi, USA, Argentina e Canada, hanno il 98% dell’area coltivata ad OGM.

Due caratteristiche genetiche rappresentano la quasi totalità dell’area seminata ad OGM: 77% tolleranza agli erbicidi, 15% resistenza (Bt) agli insetti e 8% entrambe.

La resistenza agli insetti viene ottenuta inserendo il gene Bt del batterio Bacillus thuringiensis. Tale batterio, molto diffuso nel terreno, produce una prototossina, una molecole cioè che diventa tossica solo nell'intestino dell'insetto perché un enzima specifico ne stacca una parte liberando la parte tossica. La proteina non è tossica per l'uomo o per gli animali.

 (http://www.salmone.org/ogm-cosa-sono/).                                                                     torna su

Un organismo geneticamente modificato (OGM) è un organismo vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica, che consentono l'aggiunta, l'eliminazione o la modifica di elementi genici. Non sono considerati "organismi geneticamente modificati" tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei (modificazioni e trasferimenti di materiale genetico avvengono infatti in natura in molteplici occasioni e tali processi sono all'origine della diversità della vita sulla terra), o indotti dall'uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa di riferimento (ad esempio con radiazioni ionizzanti o mutageni chimici). (wikipedia)

Gli OGM non sono un gruppo omogeneo dal punto di vista biologico e andrebbero quindi valutati caso per caso. Di fatto sicuramente sono migliaia le piante mutate per via chimica o con radiazioni, e che sono usate anche dagli agricoltori biologici perché la tecnica impiegata per produrre i semi, aggira le norme ufficiali.

La norma di riferimento per l'Europa è la

DIRETTIVA 2001/18/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 marzo 2001

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) “organismo” qualsiasi entità biologica capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico;

2) "organismo geneticamente modificato (OGM)”, un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale

(…)

Per «ricombinazione genetica naturale» si intende  un normale accoppiamento o incrocio. Fin qui, come tutte le leggi (che dovrebbero limitarsi all’art. 1 comma 1, tutto bene, il discorso si complica andando a leggere i (…) infatti si elencano le tecniche che portano ad ottenere OGM a quelle che non danno origine a mutazioni genetiche, essendo un discorso molto tecnico non l’ho ricopiato, ma sia in un elenco che nell’atro vi sono procedure “borderline” in quanto possono realizzarsi modificazioni genetiche in modo naturale come modificazioni naturali “forzate”.

Il massimo della contraddizione è quando si stabilisce che la direttiva non si applica agli organismi ottenuti con la mutagenesi! nonostante per definizione si ottenga un gene modificato (altrimenti che mutagenesi sarebbe?) ma, per la legge, è un organismo mutato, non è «geneticamente modificato».

 Finora nessuno studio è riuscito a dimostrare che gli alimenti OGM siano pericolosi, ma è anche vero che trattandosi di produzioni recenti finora, nessun essere umano è stato nutrito massicciamente con cibi OGM dall’infanzia all’età adulta, o li ha manipolati sistematicamente, per cui, ad oggi, non si è in grado di conoscerne gli effetti. Alcuni studi su modello animale hanno rilevato della tossicità, a lungo andare.

Un ulteriore rischio sarebbe piuttosto riconducibile all’antibiotico-resistenza di cui sono dotati molti OGM. Una qualità che, se trasmessa all’uomo, potrebbe rendere inefficaci molte terapie antibiotiche. Infine, ci sono i “contro” di tipo socio-economico. I prodotti OGM sono, e sarebbero ancor di più in futuro, in mano alle multinazionali, per le quali l’interesse principale è il profitto, che brevettando le loro produzioni, quindi avrebbero come scopo solo rendere dipendenti i produttori agricoli, non a contribuire a migliorare la condizione economica a chi presta i suoi terreni per gli OGM.

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Concludendo: è meglio avere il cibo naturale pieno di prodotti chimici, o il cibo pieno di OGM (e cose simili) che riducono l’uso di prodotti chimici? Ovvero è meglio usare mais transgenico che impedisce alle larve di una farfalla di rovinare il raccolto, ma inonda l’ambiente con una tossina attiva che rischia di colpire insetti innocui comprese specie utili, o usare mais non transgenico, ma irrorato di pesticidi usati per ucciderla.

Quello che è certo è che attualmente abbiamo cibo OGM pieno di prodotti chimici, infatti in Italia è vietato lo studio (perché?), la sperimentazione (perché?) e l’uso degli OGM, che comunque sono componenti predominanti nei mangimi degli animali e di tantissimi prodotti per l’alimentazione umana comunemente in uso in Italia.

Il mio pensiero? Non sono contrario agli OGM, sono contrario a lasciarne lo studio e la commercializzazione alle multinazionali che hanno, per loro natura, come scopo il guadagno immediato, non il benessere generale e il miglioramento delle condizioni sociali e ambientali.

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