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Tra gli intellettuali del PCI quello per il quale negli anni ho nutrito stima crescente è Concetto Marchesi per il suo coraggio di andare controcorrente. nel suo ultimo discorso pubblico al VIII congresso del PCI nel 1956 disse una cosa terribilmente attuale:

"E' superfluo osservare come molti lavoratori e contadini continuano ancora in Italia e fuori d'Italia a sostenere con il loro voto democratico gli interessi dei propri sfruttatori"

Più volte accadde che non si trovasse d'accordo con la linea del suo Partito e, in queste occasioni, egli non si inchinò a una malintesa disciplina di partito, ma sostenne fermamente le proprie convinzioni.

In due occasioni ciò avviene in maniera particolarmente evidente. Quando Palmiro Togliatti fa approvare dai parlamentari del PCI l'art. 7 che include nella Carta costituzionale italiana i Patti Lateranensi con la Santa Sede, stipulati nel 1929 col governo fascista, Concetto Marchesi esce dall'aula insieme a Teresa Noce, rifiutando di votare secondo le indicazioni del partito.

Dopo il XX Congresso del PCUS e le cosiddette rivelazioni di Nikita Chruscev, mentre tutto il gruppo dirigente del PCI si allinea col nuovo corso revisionista (salvo alcuni sottili distinguo di Palmiro Togliatti) Marchesi, anche in questo caso, va controcorrente. Nel suo discorso all'VIII Congresso del PCI, egli afferma che il ''rapporto segreto'' di Chruscev serviva soltanto all'imperialismo e alle forze reazionarie.

 

"Tali rivelazioni che infusero così sfrenata letizia nel campo avversario suscitarono sorpresa e dolore in molti compagni, specie tra i fedelissimi della classe operaia. Dei comunisti, diciamo così, intellettuali, alcuni, quelli più esposti alle agitate correnti del pensiero, vacillarono. Altri, incorreggibili, restarono fermi. Tra i comunisti incorreggibili meno delusi sono stato anch'io.

Non ho mai pensato, infatti, compagni, che nei paesi dove la guerra e la rivoluzione e il genio dei capi avevano abbattuto il dominio autocratico e imperialista, potessero immediatamente succedere il benessere dei popoli e il regno degli uomini giusti. Il benessere dei popoli è frutto lento a maturare specie là dove si edifica sul deserto o si riedifica sulle rovine; e gli uomini non nascono giusti, ma - se natura consente - lo diventano nei loro rapporti individuali e sociali, attraverso un succedersi di esperienze e quindi anche di incertezze e di errori.

D'altra parte, è facile comprendere come le aperte critiche, e subito dopo le acerbe accuse fatte all'opera di un uomo che parve compendiare in sé, durante lunghi e terribili anni, l'anima e la forza dell'URSS, abbiano alimentato le furie dell'attacco capitalistico."

"Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma, trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Chruscev.

All'odio capitalistico mai attenuato contro i regimi socialisti non era forse necessario, a guarigione dei nostri mali, aggiungere la nostra maledizione. Si possono fare molte più cose con le opere dei vivi che non con la condanna dei morti".

Nello stesso intervento circa la rivolta ungherese svoltasi tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1956 disse che:

“in Ungheria era cominciata non la guerra civile, ma la caccia al comunista. Per codesti intellettuali comunisti, i massacri dei comunisti non contano. Essi sono gli olocausti dovuti ala sacra ira del popolo risorto, anche se di questo popolo risorto i nuovi capi sono il cardinale primate e i castellani di Horthy”

Questo fu l'ultimo discorso di Concetto Marchesi, pronunciato poche settimane prima della sua morte.

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La versione integrale l'ho trovata solo pubblicata su libri, appena ne trovo una pubblicabile online la metto.