Bossi e la lega nord, proponendo un Inno nazionale, musicalmente bello, ma cantato da un popolo schiavo che sogna il “suolo natal”, ci ha fatto amare un inno musicalmente brutto, ma che inneggia ad un popolo che lotta per la libertà contro l’oppressore.

Solitamente si ascolta solo la prima parte e la si ripete con le stesse parole due volte, in realtà il testo è articolato e ricco di riferimenti storici molto "datati" ma meritevoli di approfondimento.

L'inno di Mameli

Fratelli d'Italia

L'Italia s'è desta,

Dell'elmo di Scipio

S'è cinta la testa.

Dov'è la Vittoria?

Le porga la chioma,

Ché schiava di Roma

Iddio la creò.

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

Noi siamo da secoli

Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica

Bandiera, una speme:

Di fonderci insieme

Già l'ora suonò.

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

Uniamoci, amiamoci,

l'Unione, e l'amore

Rivelano ai Popoli

Le vie del Signore; 

Giuriamo far libero 

Il suolo natìo:

Uniti per Dio

Chi vincer ci può?

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

Dall'Alpi a Sicilia

Dovunque è Legnano,

Ogn'uom di Ferruccio

Ha il core, ha la mano,

I bimbi d'Italia

Si chiaman Balilla,

Il suon d'ogni squilla

I Vespri suonò.

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

Son giunchi che piegano

Le spade vendute:

Già l'Aquila d'Austria

Le penne ha perdute. 

Il sangue d'Italia,

Il sangue Polacco,

Bevé, col cosacco,

Ma il cor le bruciò.

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

 

La cultura di Mameli è classica e forte è il richiamo alla romanità. È di Scipione l'Africano, il vincitore di Zama, l'elmo che indossa l'Italia pronta alla guerra

 

 

 

La Vittoria si offre alla nuova Italia e a Roma, di cui la dea fu schiava per volere divino. La Patria chiama alle armi: la coorte, infatti, era la decima parte della legione romana

 

 

 

 

 

 

 

 

Una bandiera e una speranza (speme) comuni per l'Italia, nel 1848 ancora divisa in sette Stati

 

 

 

 

Mazziniano e repubblicano, Mameli traduce qui il disegno politico del creatore della Giovine Italia e della Giovine Europa.

 

 

 

 "Per Dio" è un francesismo, che vale come "attraverso Dio", "da Dio"

 

 

 

In questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto,l a battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa. Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci. Il 2 agosto, dieci giorni prima della capitolazione della città, egli sconfisse le truppe nemiche a Gavinana; ferito e catturato, viene finito da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo straniero, al quale rivolge le parole d'infamia divenute celebri "Tu uccidi un uomo morto".

Sebbene non accertata storicamente, la figura di Balilla rappresenta il simbolo della rivolta popolare di Genova contro la coalizione austro-piemontese. Dopo cinque giorni di lotta, il 10 dicembre 1746 la città è finalmente libera dalle truppe austriache che l'avevano occupata e vessata per diversi mesi Ogni squilla significa "ogni campana". E la sera del 30 marzo 1282, tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo all'insurrezione contro iF rancesi di Carlo d'Angiò, i Vespri Siciliani.

 

 

L'Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea fortemente: questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese.

 

Insieme con la Russia (il cosacco), l'Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuoredella nera aquila d'Asburgo

    Goffredo Mameli

Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli fu scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana.                    

 

Michele Novaro

 

Va, pensiero

Va, pensiero, sull'ali dorate;

Va, ti posa sui clivi, sui colli,

Ove olezzano tepide e molli

L'aure dolci del suolo natal!

Del Giordano le rive saluta,

Di Sionne le torri atterrate...

Oh mia patria sì bella e perduta!

O membranza sì cara e fatal!

Arpa d'or dei fatidici vati,

Perché muta dal salice pendi?

Le memorie nel petto raccendi,

Ci favella del tempo che fu!

O simile di Solima ai fati

Traggi un suono di crudo lamento,

O t'ispiri il Signore un concento

Che ne infonda al patire virtù!

Sionne indica la fortezza di Gerusalemme mentre Solima è proprio l'antica denominazione greca della città.
 

Va, pensiero è uno dei cori più noti della storia dell'opera, collocato nella parte terza del Nabucco di Giuseppe Verdi (1842), dove viene cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia.

Il poeta Temistocle Solera scrisse i versi ispirandosi al salmo 137 Super flumina Babylonis.

Questo coro di ebrei fu interpretato dal pubblico dell'epoca come una metafora della condizione degli italiani soggetti a dominio austriaco.