…ma la convivenza cani – umani è così naturale e
idilliaca?
In casa con noi da molti anni vive un cane, “ospitarlo”
è stata una scelta degli altri componenti del nucleo
familiare perché io ho sempre ritenuto che ciascun essere vivente è
giusto che viva nel suo abitat nel rispetto delle
proprie attitudini ed esigenze naturali, anche se è vero
che una casa è sempre meglio di un canile...
Convivendo
con lui, ho avuto modo di notare quale stress gli
comporti “godere” delle attenzioni degli umani e per
questo ho cercato, nel limite del possibile, di
assecondarlo nelle sue esigenze, anche se pensavo che
questa mia convinzione fosse priva di supporto
scientifico,
poi ho scoperto che quello che ho capito con
l’osservazione è condiviso da persone con più esperienza
e più
qualificate di me (vedi
http://www.cinofilianaturale.it/) e penso sia
estendibile a tutti quegli animali divenuti
"forzatamente" domestici.
È ovvio che non voglio aprire una lotta in difesa
dell’identità canina in un momento dove i cani sono
diventati
il
surrogato all’incapacità o alla difficoltà di
relazionarsi tra esseri umani, però permettetemi di
condividere
alcune considerazioni:
Un maschio castrato non sarà mai
più il maschio di prima, anzi, si sentirà molto
mortificato e menomato nei confronti dei suoi simili. La
femmina incapace di riprodursi, subirà a vita
l’indifferenza dei maschi, sentendosi profondamente
diversa dalle altre femmine “intere”.
Un
cane preferisce morire, piuttosto che rinunciare a
riprodursi, altrimenti i maschi non sacrificherebbero la
loro vita per combattere contro altri simili nei periodi
dei calori.
Logicamente mi riferisco ad animali sani sui quali si
interviene solo per “comodità” spesso indotta, dei
proprietari, diverso è il discorso se vi fossero dei
problemi di salute tali da comprometterne la
sopravvivenza, o per arginare fenomeni di randagismo
esasperato.
I cani non sono in grado di provare per noi gli stessi
sentimenti affettivi che noi proviamo per loro, la loro
è principalmente dipendenza da chi gli fornisce il cibo.
Instaurano spesso ottimi rapporti con i bambini perché
hanno una statura più
contenuta, una postura meno dominante di un adulto
e i loro atteggiamenti
infantili e caratteriali
più pacifici e privi di qualsiasi stress, li
fanno percepire come soggetti poco pericolosi di cui è
facile fidarsi, l’importante è che non percepisca
i bambini della famiglia come
dei potenziali concorrenti al suo cibo.
Il cibo quindi è il fulcro del rapporto, anche se
probabilmente intervengono anche altri meccanismi, non
certo complessi come quelli
che regolano la socialità
umana, dove lo stesso rapporto madre figlio, decantato
come puro e incondizionato, si basa su due bisogni
primari: procreare per perpetuare la specie e la
dipendenza del neonato per tutte le necessità.
Il cane considera membri del suo branco solo i
soggetti della sua specie, quindi i componenti di
una famiglia non possono rappresentare il branco per il
cane che vive in casa! Nessuno dei famigliari, essendo
un essere umano, può appartenere alla sua specie, né
tantomeno risultare idoneo a riprodursi con lui.
Se così non fosse, perché allora siamo costretti a
tenerlo chiuso nella nostra recinzione, o addirittura a
legarlo ad una catena, affinché non scappi?
Il capobranco naturale dei lupi o dei cani che
vivono ancora allo stato selvatico, non spreca mai
la minima energia per convincere un membro a seguirlo o
a vivere con lui. E’ l’animale del branco a sceglierlo
di sua spontanea volontà!
In Natura, quando un
animale si accorge che la sua convivenza col branco sta
diventando svantaggiosa, si allontana per cercare un
ambiente più consono alle sue esigenze,
cosa che il nostro cane, vivendo recluso nel giardino o
nell’appartamento, non può fare, da qui
nasce una situazione di grave stress per l’animale che
può anche portarlo a comportamenti apparentemente
inspiegabili o violenti fino ad arrivare alle
aggressioni a danno dei loro proprietari, nonostante gli
stessi li abbiano cresciuti fin da cuccioli.
Quello che oggi viene
chiamato in gergo cinofilo “premio” o “rinforzo”
utilizzato per l’animale in addestramento, in realtà non
è altro che un “ricatto” con il quale lo si vuole e
spesso si
riesce a condizionare “obbligandolo” ad eseguire un
movimento o assumere un atteggiamento innaturale,
basandosi sugli esperimenti che fece il fisiologo russo
Ivan Petrovic Pavlov agli inizi del ‘900, quando scoprì
il fenomeno dei riflessi condizionati
che gli fece meritare il premio Nobel, in pratica il
cane svolge
"esercizi" contro natura per avere in cambio
una piccola
parte di cibo. Magari chi adotta questi comportamenti
sono le stesse persone che ritengono
che far lavorare gli animali nei circhi sia una brutale
crudeltà!
Il cane che si cimenta
nei percorsi di Agility Dog, lo fa solo perché la sua
personalità é così profondamente condizionata che non
crede esistano alternative alla sua sopravvivenza. Si
usano solo certe razze che risultano essere le più
fragili psicologicamente, ovvero quelle facilmente condizionabili dal padrone.
Non esiste
animale che possa decidere di zigzagare fra i paletti
senza essere condizionato a farlo,
se un cane
dovesse mai rincorrere una
preda da cacciare in natura per sfamarsi, non farebbe lo
slalom fra gli alberi, ma sceglierebbe la via più corta
per concludere l’inseguimento, la sua istintiva
razionalità gli farebbe adottare la soluzione più rapida
e meno faticosa perché, in natura, conservare energie è
fondamentale per sopravvivere!
Se si lancia un oggetto a un
cane equilibrato e molto sicuro di sé, qualora dovesse
alzarsi dalla sua postazione (cosa poco probabile), lo
farebbe solo per andare ad annusare ciò che non conosce,
se poi decidesse di prenderlo, scordatevi che lo porti
ai vostri piedi, anzi, se lo terrà per sè e ringhierà a
chiunque volesse impossessarsene. Questo l'ho capito
osservando Buck: all'inizio invidiavo i "padroni" che
lanciavano oggetti e venivano sistematicamente
riportati, mentre il mio cane mi guardava come dire: "ma
sei scemo, ora se lo rivuoi vattelo a prendere che io
sto benissimo seduto qui" a vote andava a odorarlo per
capire di che cosa si trattava e, se era di suo
gradimento, si accucciava lì per "giocarci" e "col
cavolo" che si poteva prendere! poi ho smesso di
invidiarli e ho cominciato a compatirli... avere
necessità che un essere vivente diventi succube dei tuoi
voleri, certamente non sarà patologico, ma tanto sano
non è.
Amare il nostro cane significa
farlo vivere con noi senza pretendere che lui capisca e
assecondi le nostre pretese, bensì
offrendogli quanto più possibile ciò di cui ha bisogno
per il suo benessere come
animale, visto che averlo adottato è stata una nostra
scelta e non la sua. Se ben addestrato (o meglio dire:
condizionato), è possibile anche ottenere la loro
obbedienza e fargli compiere svariate azioni quando lo
desideriamo noi non certo per compiacere lui.
Ad esempio per fargli “fare la guardia” si sfrutta il suo istinto
atavico della difesa del suo territorio, dunque, un cane
equilibrato e naturale è istintivamente guardiano. Un
addestramento “mitigatore” di un forte istinto
guardiano, finirà col gettare il cane in confusione.
La perversa tendenza che si è ormai diffusa nella nostra
società è quella di far credere che, per voler bene ai
cani, si debba essere disposti a spendere molti soldi
per loro, in realtà l’uomo, pur essendo dotato di un
intelletto superiore, non ha imparato ad amare il cane
perchè
in realtà gli serve:
il cane
può migliorare di molto la vita dell’uomo, sia sotto il
profilo funzionale, con tutti i servizi che offre
(guardia, difesa, protezione e conduzione animali da
allevamento, soccorso, etc.), che sotto quello
psicologico, facendogli compagnia!
E’ vero che quando arriviamo a casa a volte si dimostra
molto entusiasta, saltella, ci scodinzola, ci lecca e fa
mille tipi di versetti, ma tutti questi comportamenti
sono dovuti alla dipendenza psicologica che lui
prova per cibo che gli offriamo ogni giorno che è l'unica sua
fonte di sopravvivenza; anche in questo caso l'ho
capito osservando Buck che, quando rientro a casa, riconosce i passi o più
probabilmente sente l'odore e sa che non sono un
pericolo per lui e il suo ambiente,
ma anche che solitamente non sono io a fornirgli il
cibo per cui
spesso non si gira neanche a guardarmi!
Diverso è il comportamento quando rientra mia moglie che
solitamente gli prepara la ciotola!
Per essere veramente degli amanti del cane, la cosa più
importante non sta tanto nel considerarlo il
“miglior amico
dell’uomo”, quanto invece imparare a diventare noi i
migliori amici del cane.
Ultima osservazione: il cane utilizza l’abbaio per
allarme e come prima deterrenza quindi puntare alla
totale repressione di tale istinto (mediante
addestramento o altri sistemi più o meno barbari), a
parte la dubbia efficacia, è controproducente per il
cane.
Ringrazio l'amica Eugenia,
grande conoscitrice e amante degli animali, per le
correzioni che mi ha suggerito per smorzare alcuni toni
della prima stesura del testo che erano oggettivamente
esagerati, anche perchè molte ipotesi che facciamo, sono
ipotesi che difficilmente possiamo verificare (darei
qualsiasi cosa per poter parlare mezz'ora con Buck), quindi,
con certi giudizi, entriamo nel
campo delle opinioni. |